Ogni storia che si rispetti necessita dei suoi eroi, di leggende, di icone.
Sulle pagine di Johto World ho già avuto modo di parlare di quanto il Gioco di Carte Collezionabili di Pokémon, più di altri GCC forse superiori a livello tecnico, possa vantare un compartimento artistico invidiabile, vario, poliedrico, eterogeneo eppure così coesivo nella sua fedeltà ai personaggi rappresentati. La difficoltà del portare avanti un progetto artistico del genere, che possa essere sempre fresco, nuovo, ma al contempo fedele alla fisionomia dei mostriciattoli, viene portata avanti stoicamente da vent’anni da un artista in particolare: Mitsuhiro Arita, classe 1970, giapponese di Fukuoka, il cui nome è famigliare a milioni di appassionati della saga in tutto il mondo. Benché nel suo curriculum vanti anche illustrazioni per Yu-Gi-Oh!, Shin Megami Tensei, Monster Hunter, Final Fantasy XI e la trilogia animata di Berserk, Arita è noto soprattutto per il suo lavoro con Pokémon: si tratta infatti di uno degli unici due artisti che continua a lavorare al GCC sin dal Set Base -pubblicato per la prima volta in Giappone nell’ottobre del 1996- al fianco del sempiterno Ken Sugimori, al quale è secondo per numero di illustrazioni realizzate: oltre 800 Ken, oltre 500 Mitsuhiro. Il tutto in ormai più di vent’anni di gloriosa attività.
Ed è con Sugimori che risulta naturale confrontare i suoi primi lavori: lo stile acquerellato in comune tra i due, anche se raggiunto con media differenti (acquerelli tradizionali Sugimori, principalmente matite acquerellabili Arita) è diventato un vero e proprio vessillo delle prime generazioni di Pokémon, creando un immaginario che trova nei vari set Fossil, Jungle e Team Rocket un caposaldo inscindibile. Sebbene per molti collezionisti sia diventato quasi uno spauracchio, a causa delle cifre da capogiro che raggiunge (negli ultimi periodi persino in lingua italiana), è innegabile che ci sia una carta in particolare proveniente da quell’epoca che è diventata iconica oltre ogni limite, assicurando ad Arita un meritatissimo posto fisso dietro le quinte del GCC: parlo di Charizard del Set Base. Ad oggi credo che sia ancora una delle migliori rappresentazioni del tanto amato lucertolone, una delle più fedeli e nello stesso tempo dinamiche, innovative per i tempi: laddove gli altri due starter avevano ricevuto illustrazioni piuttosto statiche, lo starter di fuoco abbassava il collo e spalancava le fauci nell’atto di sputare fuoco, in un gesto che quasi ricorda il famoso primo ruggito del T-Rex di Jurassic Park.
Tuttavia, anche se è innegabile che ricordiamo in gran parte i primi lavori di Arita grazie a queste illustrazioni iconiche di Pokémon molto popolari (tra le altre Venusaur, Gyarados o Dragonair del Set Base, Moltres di Fossil e così via), una grande parte del merito va ricondotto a mostriciattoli più umili, ma rappresentati con artwork meravigliosi. Sono forse un po’ di parte quando ricordo il Nidorino del Set Base, inquadrato in un canyon in una posizione stoica e fiera: a mio parere si tratta di uno dei migliori lavori dell’artista, per quanto riguarda le prime serie. La prospettiva, la rappresentazione azzeccata dell’espressione del Pokémon, l’ambientazione spettacolare: poche carte potevano vantare uno sfondo così ben fatto ai tempi dei primi tre set.
Indimenticabili il variopinto Koffing del Set Base; il toccante Cubone di Jungle, ritratto mentre rivolge il suo dolore alla luna; Venonat che sembra uscito da un erbario o da un’enciclopedia zoologica; Marowak che lancia il suo ossomerang in quella che sembra una savana australiana: si potrebbe continuare all’infinito.
Fu tuttavia con l’avvento della quarta espansione che Arita ebbe occasione di mostrare il suo valore: Team Rocket, anno di grazia 1997. In questo set venne compiuto un lavoro notevole da tutti gli illustratori che ci si dedicarono, ma è inevitabile che alcuni artwork spicchino in maniera particolare. Come dimenticare carte del calibro di Dark Machoke, Dark Primeape, Dark Slowbro o le versioni Dark delle Eeveelution: si tratta di Pokémon visibilmente incattiviti senza però doverli rendere grimdark o sanguinolenti in maniera forzata e infantile. Eppure queste illustrazioni trasmettono l’incuria dei criminali che hanno forzato l’evoluzione di questi Pokemon, la loro “follia”, il loro disagio.
Le serie Neo segnano l’ultimo baluardo della primissima fase dell’artista, quella più tradizionale, nella quale Arita tenta di rimanere il più fedele possibile non solo ai soggetti, ma anche allo stile acquerellato, desaturo, “vintage”, che quasi ricorda tante illustrazioni del buon vecchio Akira Toriyama. Qualcosa, insomma, che rimandava al mondo dell’animazione giapponese più tradizionale.
Arita non era solo, in tutto questo: sempre più validi artisti l’hanno affiancato negli anni, alcuni di essi prendendo sulle spalle il GCC e accompagnando il nostro beniamino nella formazione di uno stile distintivo. Parlo ovviamente di artisti del calibro di Kagemaru Himeno, presente sin dai tempi di Jungle, presentava lavori dai toni accesi e vividi, a volte vagamente sproporzionati, ma molto audaci e sicuramente iconici; o Atsuko Nishida, non solo illustratrice di carte (che ricordiamo per aver composto praticamente a quattro mani con Sugimori i set Gym), ma designer di tantissimi dei Pokémon più famosi, tra cui tutte le eeveelution, Pikachu, Charizard, Squirtle, Dragonair e molti altri, tra cui il recentissimo Sylveon. Due illustratrici menzionate in questa sede perché, come Arita, hanno lavorato dai primordi e continuano a illustrare materiale tuttora: i loro stili hanno sempre fornito delle valide controparti, facendo in modo che ognuno di questi artisti potesse attingere agli stili altrui e migliorarsi tramite i loro progressi, in un autentico circolo virtuoso. Laddove la Himeno ha migliorato le proporzioni dei Pokémon e la sua tecnica, a tal punto da arrivare a sembrare eccessivamente patinata e pulita, fornendo nel frattempo spunti a livello cromatico e prospettico, la Nishida ha contribuito a fornire un contrasto stilistico grazie alle sue illustrazioni soft, quasi eteree. Un gioco di stili, di contrasti, di miglioramenti e di influenze reciproche che non ha potuto portare che ad un miglioramento generale del parco disegnatori.
Con le E-series, ultime espansioni edite in occidente dalla Wizards of the Coast, e soprattutto con il successivo avvento delle serie EX, il layout, lo stile, l’atmosfera intera che permeavano il GCC di Pokémon cambiano irreversibilmente, cancellando pian piano ciò che era rimasto della vecchia scuola e sostituendolo con qualcosa di diverso, qualcosa che, dopo alcuni goffi tentativi, si sarebbe rivelato vincente e destinato a durare a lungo. Arita non è stato escluso da questo processo di evoluzione: col tempo l’artista ha raffinato il suo tratto e si è specializzato più di tutti in uno stile di colorazione sempre più pulito, arrivando talvolta a dei risultati che sembrano essere realizzati tramite render in 3D, vista la loro mostruosa tridimensionalità e i giochi di luce.
E visto che si parla di 3D, vale la pena menzionare il fatto che il nostro ha sperimentato anche in quel campo: gli furono commissionate, come prova, alcune illustrazioni fatte di render semplici, con forme geometriche facili da ricostruire. Vedendo che Arita migliorava notevolmente, gli furono pian piano affidati incarichi più gravosi e importanti, tra cui del materiale promozionale riguardante Deoxys in occasione di un anniversario, Pokémon che poi abbiamo visto realizzare in 3D per una carta EX; qui trovate l’intervista completa, in inglese, in cui ne parla.
Caratteristico dell’artista è l’uso della prospettiva in maniera intelligente e accorta, come possiamo vedere in questo stoico Dark Marowak proveniente da EX Team Rocket Returns, anno 2004, illustrazione che pare quasi un tributo alle gotiche ambientazioni di Gotham City.
Notevoli, ad esempio, la percezione e la raffigurazione dell’influenza di luce, ambiente circostante e colori degli ambienti esterni su come ci appaiono gli oggetti: esempio lampante è sicuramente Ariados di EX Forze Segrete, del 2005. Arita ha in passato dichiarato di aver acquisito questa competenza grazie a un periodo nel quale era in ristrettezze economiche e allo stesso tempo si trovava a uscire e viaggiare piuttosto spesso per lavoro: fu in questo periodo che scoprì un’applicazione di pittura digitale da poter usare sul suo piccolo palmare, ne intuì il potenziale e iniziò a sfruttare quello che definiva “Mobile Painting”.
Talvolta ha avuto delle intuizioni davvero geniali, come il Feraligatr di Expedition, del 2002, ripreso poi con Croconaw di Tesori Misteriosi, del 2007, “fotografato” per metà immerso e per metà a pelo d’acqua, proprio come un alligatore vero.
Rimanendo sempre tra le E-series ricordiamo anche una delle più vivide e concrete raffigurazioni di Pokémon che utilizza le sue abilità durante la quotidianità, fuori dalle lotte, magari su degli esseri umani: ed è da questo concept che nasce Hypno di Aquapolis, espansione pubblicata nel 2002, raffigurato mentre pasteggia con un sogno di un ignaro umano.
Tra queste illustrazioni concettualmente affascinanti ne abbiamo diverse che raffigurano i Pokémon in attività quotidiane, nell’atto di nutrirsi o di interagire in vari modi con l’ambiente che abitano. Possiamo osservare ad esempio questo Lickitung che utilizza la sua gargantuesca lingua per afferrare dei frutti situati su dei rami alti, facendoci immaginare che questo suo organo prensile non sia altro che un adattamento evolutivo nel senso darwiniano del termine.
Piccola nota dolente, che più che abbassare il livello generale risulta abbastanza curiosa e simpatica, è l’apparente difficoltà che Arita sembra avere nel disegnare la mascotte dell’intero brand: Pikachu. Sin dal celeberrimo topo del Set Base possiamo vedere forme abbastanza strane e insolite (per fortuna poi sistemate in buona parte con un fortuito reboot in L’ascesa dei Rivali), passando poi a carte più recenti che presentano sempre lo stessa sensazione vagamente grottesca.
Attualmente il GCC sta vivendo un periodo a dir poco florido e vivo a livello artistico: nuove presenze hanno finito per consolidarsi e diventare punti di riferimento, mostri di bravura del calibro di TOKIYA, kawayoo, Match, Megumi Mizutani e così via. Molti di questi artisti hanno tratti totalmente inediti nel mondo di Pokémon, alcuni hanno tecniche di colorazione innovative, altri uno stile molto manga, altri ancora uno volutamente rozzo, che sembra preso in prestito dalla concept art: di assoluto pregio è il fatto che diverse di queste personalità siano anche appassionate del brand nella loro vita privata. Eppure tuttora in ogni set vediamo comparire delle illustrazioni rassicuranti, che ci fanno sentire sempre l’atmosfera tipica del GCC di Pokémon: vediamo Suicune che corre a pelo d’acqua stagliandosi sul tramonto, un Mew raffigurato in quello che sembra un giaciglio di foglie, magari situato nella Guyana.
Non dimentichiamo le rare segrete full art, provenienti da alcuni dei set più recenti, piene di Pokemon dinamici e particolareggiati (tra cui due Mewtwo, Pokémon preferito di Arita, che l’ha anche raffigurato sul primo Artbook ufficiale del GCC, uscito in occidente giusto l’anno scorso); è bello anche notare i contrasti tra illustrazioni tutto sommato ammiccanti alla vecchia scuola, come il recentissimo Wishiwashi di Sole & Luna, ma al contempo diapositive dell’habitat dei mostriciattoli, come l’Oranguru tratto dalla stessa espansione, che sembra uscito da un documentario sui primati del Borneo.
Al di là dei meriti individuali, indubbi e talmente evidenti da risultare quasi ridondanti in un analisi di Arita, per come la vedo dobbiamo attribuirgli anche un altro grandissimo risultato nel GCC: questo illustratore ha costantemente provveduto ad alzare l’asticella del livello artistico generale. Seguendo il costante miglioramento di Arita altri artisti, tra cui la onnipresente Kagemaru Himeno, hanno raffinato il proprio stile ed evoluto il proprio livello tecnico. Perché se è vero che Pokémon fa delle “stranezze” stilistiche un vanto e un punto di forza, è anche vero che chi gestisce il brand non può permettersi di far uscire materiale mediocre, col livello di diffusione e di popolarità che ha attualmente raggiunto il GCC e che è tranquillamente paragonabile a quello degli anni d’oro.
In poche parole questa panoramica appena conclusa descrive un’autentica colonna di un franchise enorme quale è Pokémon, ormai simbolo di esso e ispirazione per chiunque sogni una carriera nell’ambito dell’illustrazione.
Vorrei chiudere l’articolo ricordandovi che Mitsuhiro Arita sarà presente (per la prima volta non solo in Italia, ma addirittura in Europa) all’edizione 2017 di Cartoomics, la nota fiera che raduna gli appassionati del trittico games-fumetti-videogiochi e che anche quest’anno si conferma come evento imperdibile. La fiera si svolge a Milano, dal 3 al 5 Marzo, e il maestro sarà presente tutti e tre i giorni con uno stand personale, disponibile per autografi e sketch. Per tutti i dettagli dell’evento vi rimando all’articolo dedicato.
Sogna un corso universitario per scrivere biografie sagaci in tre righe. Creatore di Johto World, segue Pokémon dal suo arrivo in Italia nel 1999. Ne ha scritto e parlato così tanto negli ultimi due decenni che un sito come questo era una conseguenza inevitabile. Amante di Nintendo in generale, parla spesso di tutt’altro.