Parlare di Pokémon e di declino, nello stesso articolo, sembrerà un’idiozia per molti. Il mondo dei videogiochi ha alcuni mostri sacri, intoccabili in virtù dell’impressionante sequenza di successi raggiunta nel corso della loro storia. Super Mario, Grand Theft Auto, pochi altri. La saga dei mostriciattoli è ovviamente tra questi, in virtù delle sue 280 milioni di copie vendute dal 1996: un traguardo che ci permette di definire Pokémon la seconda saga videoludica di maggior successo nella storia, alle spalle dell’idraulico baffuto. Ma a grattare la superficie si nasconde qualcosa degno di essere sviscerato, nonostante le cifre da capogiro.
Ci sono, in prima istanza, diversi modi per quantificare il successo e l’influenza di un franchise. A seconda di quante volte lo vediamo in televisione, sui giornali, discusso su internet e, nel caso in cui sia rivolto (anche) ai più piccoli, in base alla presenza sugli scaffali nei negozi di giocattoli. Tenendo conto di questi dettagli è fuori discussione che Pokémon, oggi, non è il Pokémon del 2002. Non abbiamo più merendine coi mostriciattoli, articoli pregni d’indignazione sulle colonne dei quotidiani nazionali, scuole invase con il predominio di un tempo da carte e pupazzetti. Pokémon GO è l’eccezione clamorosa che ha portato la stessa Pokémon Company a ricordare al grande pubblico (l’intervista è in inglese) che Pikachu e compagni non erano andati da nessuna parte: sono sempre stati tra noi, macinando milioni di dollari al mese.
Detto ciò, conviene forse chiarire cosa sia stato Pokémon tra il 1998 e il 2002: la più grande rivoluzione mai accaduta nell’industria dei videogiochi, l’unico fenomeno capace di portare al di fuori del proprio settore un volto (anzi, centinaia) e di piazzarlo in tutti quei luoghi dove la gente viveva la propria vita quotidiana, dove mai prima di allora un gioco elettronico si era mai spinto. Edicole? Cinema? Chiese? Televisione? Industria alimentare? In qualunque luogo lo si fosse cercato, Pokémon era lì. Mai prima di allora e soprattutto mai più da allora, con tale successo, un videogioco era riuscito a diffondersi in maniera così tentacolare.
Un impero su cui non tramonta mai il sole, uno dei più grandi prodotti della cultura popolare di sempre. Ed è in parte naturale che da allora un tale fenomeno si sia “ridimensionato”, con un paio di dettagli, dati alla mano, che possono aiutarci a capire se davvero questo inevitabile declino sia stato solo e soltanto colpa di Pokémon.
Questa infografica si riferisce esclusivamente ai titoli principali di ciascuna generazione, escludendo i terzi capitoli (Giallo, Cristallo, Smeraldo…) e i remake. In questo senso il declino è innegabile, e sebbene la I generazione bari, essendo conteggiate anche le copie di Verde, lo stacco tra II e III generazione sembra riflettere il graduale ritiro di Pokémon dal ruolo di primo piano che aveva ricoperto a cavallo dei due millenni. In questo senso è però doveroso notare che è proprio da Rubino e Zaffiro che si assiste a una stabilizzazione delle vendite: costantemente attorno alle 15 milioni di copie, chi più chi meno, si ha così conferma che un seguito corposo esiste ancora ed è in grado di muovere cifre di tutto rispetto per il settore. Senza scordarci infatti che stiamo parlando di titoli distribuiti in esclusiva per le console portatili Nintendo: non esistono versioni PC (almeno legalmente), PlayStation e Xbox a gonfiare le vendite.
È un’altra infografica ad arrivare in mio soccorso, aiutandomi ad aggiustare ancora meglio il tiro. Come vediamo le vendite delle console portatili Nintendo, esclusa la clamorosa parentesi Nintendo DS, subiscono un declino dai tempi del Game Boy. Ma se quelle leggermente più basse del Game Boy Advance sono giustificabili con un supporto minore da parte di Nintendo (appena cinque anni in Giappone, contro i tredici di Game Boy), le vendite più modeste di Nintendo 3DS sono imputabili per la prima volta a una parola molto pericolosa: concorrenza. In primo luogo concorrenza degli smartphone, i cui giochi sfruttano proprio quella tecnologia touch che Nintendo DS aveva esplorato per primo nel 2004.
Chiarita questa lunga parentesi facciamo un paio di conti: se era stata venduta una copia di Rosso/Verde/Blu ogni 3,80 Game Boy, avevamo una copia di Oro e Argento ogni 5,13. Passando al GBA, ogni copia di Rubino e Zaffiro corrispondeva a 5 console. Diamante e Perla vendettero una copia ogni 9 Nintendo DS, mentre Bianco e Nero ogni 10. Infine XY sono presenti ogni quasi quattro Nintendo 3DS.
Oppure, detto senza fronzoli:
In questo senso, esclusa la parentesi DS e le sue vendite spropositate, Pokémon ha mantenuto un “coefficiente di presenza” costante su tutte le console Nintendo, tornando con XY ai livelli di Rosso e Blu. Un risultato da non sottovalutare e che ci conferma quanto avevamo già intuito: Pokémon ha uno zoccolo duro di appassionati affiancato da nuove leve che permette alla saga, dopo i suoi inizi fantascientifici, di mantenersi su un profilo alto e costante.
Infine un dettaglio che ci aiuta a capire alcune scelte fatte da Game Freak negli ultimi anni.
Questi due spaccati ci forniscono indicazioni molto esplicite, seppur riferite al solo mercato giapponese: se Diamante e Perla sono stati giochi più vicini al canone classico di Pokémon, e pertanto facilmente fruibili anche dai più piccoli, Bianco e Nero sono stati, nelle loro intenzioni, rivolti agli appassionati più maturi. Entrambi hanno avuto successo secondo le loro ambizioni: DP sono stati acquistati soprattutto da studenti di elementari e medie, mentre BN hanno avuto vendite nella fascia 19-24 paragonabili a quella 6-8. Questo traguardo è però coinciso con una lieve flessione, come abbiamo visto nel grafico precedente, che ha spinto Game Freak ad “andare sul sicuro” con XY: mettendo tra parentesi una direzione artistica e narrativa relativamente più matura si è puntato su quei valori fondamentali che rendono un gioco Pokémon un’esperienza videoludica unica. Esplorazione, miglioramento, sfida. Le vendite hanno dimostrato che fosse la cosa giusta, seppur con qualche critica dai fan.
Rispondendo alla domanda posta all’inizio dell’articolo, ossia se Pokémon è in declino, che risposta è possibile dare?
Che Pokémon, il proprio declino, lo ha vissuto quattordici anni fa: da allora è riuscito, in maniera invidiabile, a mantenere una presenza costante senza mai smettere di rinnovarsi. E riuscendo anzi negli ultimi anni a riprendersi su più fronti, uno di questi il gioco di carte (che, a detta degli esperti, è giocato quanto negli anni d’oro).
E quindi? Quindi lunga vita a Pokémon, primus inter pares, una delle saghe più grandi della storia dei videogiochi e di certo una delle poche capaci di sopravvivere al proprio (letteralmente mostruoso) esordio.
Sogna un corso universitario per scrivere biografie sagaci in tre righe. Creatore di Johto World, segue Pokémon dal suo arrivo in Italia nel 1999. Ne ha scritto e parlato così tanto negli ultimi due decenni che un sito come questo era una conseguenza inevitabile. Amante di Nintendo in generale, parla spesso di tutt’altro.