Notte raminga e fuggitiva quella in cui, passati i vent’anni, provi a chiederti cosa stai facendo della tua gioventù. In cui prendi coscienza che la tua generazione, la stessa che è stata coccolata da una delle epoche più dorate dell’intrattenimento per bambini, si è ritrovata a mettere su un piedistallo (oggi come tra un paio di decenni, quasi sicuramente) non tanto questi egocentrici e asettici anni ’10, quanto semmai quell’appendice condivisa tra due millenni che fu il periodo a cavallo tra anni ’90 e anni 2000. Complice il fatto che buona parte di chi visse quell’epoca è ancora sui banchi universitari, o si ritrova da poco nel mondo del lavoro, mancano ancora gli strumenti e le voci per delineare con precisione i tratti distintivi di quell’epos fatto di animazione giapponese, suggestioni cyberpunk da fine millennio, tecnologia dilagante; qualcosa che però riassume tutto questo, e che per me risulta chiave di lettura fondamentale, è Pokémon. Il carrozzone nostalgico che lo scorso anno ne ha festeggiato il ventennale si è chiuso tardivamente pochi giorni fa, con la proiezione in Italia di Pokémon – Scelgo te!: da questa pellicola, che ho avuto occasione di vedere in anteprima, c’è più di una conclusione interessante da trarre.
La prima, la più spietata, è che il 2002 è finito da un pezzo. L’ho capito dal pubblico in sala, tutti ragazzoni sopra i vent’anni eccetto qualche giornalista di settore più navigato, che nell’assistere a una libera reinterpretazione di un classico dell’animazione si è sì entusiasmato, ma con riserva. E il nodo sta tutto lì, in quella libera reinterpretazione: se le premesse narrative sono praticamente identiche a quelle dei primi episodi dell’anime, anno di grazia 1997, lo svolgimento, i personaggi e le situazioni sono molto più aderenti a tutto quello che è stato Pokémon nei vent’anni successivi.
Ed è la scelta migliore che gli sceneggiatori potessero fare.
Pokémon Rosso e i suoi fratelli
Una questione direi ormai storica in Pokémon è infatti il rapporto con la nostalgia, quella più superficiale, ammiccante, immediata, che acchiappa le folle e sazia gran parte dei giocatori più stagionati. Da Pokémon XY (2013) in poi, la saga è entrata in una nuova era con lo sguardo costantemente rivolto lassù, a quei Rosso e Blu che tutto hanno creato e che come fratelli maggiori tronfi dei propri successi se la tirano, si mettono in lustro, perché sanno di poterlo fare, perché sanno che nessun altro come loro esercita un fascino magnetico su quel pubblico globale che ha eletto Pokémon uno dei più grandi fenomeni della cultura di massa di sempre. Mega Evoluzioni, starter regalati, Forme di Alola, nuovi rilasci sulla Virtual Console di Nintendo 3DS, non ultimo quel Pokémon GO che come un leone scappato dalla gabbia è tornato a ruggire sui tetti della giungla che un tempo gli apparteneva.
Lo staff alle spalle di Pokémon – Scelgo te! è conscio di tutto questo, al punto da cogliere lo spunto offerto da un altro ventennale (quello dell’anime, caduto proprio nel 2017) per raccontare di nuovo una storia quasi universale: un ragazzino, Ash Ketchum della città di Biancavilla, prende la strada dell’allenatore di Pokémon, la scelta forse più coraggiosa da parte di un figlio agiato di una società progredita, affiancato da un Pikachu e dagli amici che inconterà lungo la via. Questa, in sostanza, la premessa dell’anime che abbiamo visto tutti, e questa, in sostanza, la premessa del film che molti di noi hanno visto in questi giorni.
Tutto il resto, però, imbocca una svolta imprevedibile e non del tutto azzardata.
A partire dal fatto che il mondo di Pokémon che vediamo in Scelgo te! non è lo stesso trasmesso per la prima volta da Italia 1 nell’inverno del 2000, ma un melting pot di generazioni che spazia da Sinnoh a Johto, senza ovviamente escludere la freschissima Alola in cui torneremo tra una settimana esatta. Già qui più di un nostalgico, legato quindi in massima parte (se non esclusivamente) a un periodo ben circoscritto del franchise, ha storto il naso: non si fa, checcefrega del presente, versace n’artro litro de bei vecchi tempi. Già qui io, seguace dal 1999, sorrido: così si fa, così si sfugge alla trappola scontata di ciò che è stato e non sarà più.
Pokémon, come la vita, è andato avanti, e questo lungometraggio non si fa problemi a ricordarcelo.
Nessuno guarisce dalla propria infanzia
Dopo un inizio in medias res il canovaccio di Scelgo te! segue la strada spesso battuta del dilemma del prescelto, con Ash da una parte e Cruz dall’altra, ragazzino arrogante e spocchioso che ritiene spetti a lui il ruolo di prediletto del leggendario Ho-Oh. Una metafora molto azzeccata, secondo me, di come lo stesso pubblico di Pokémon viva la propria passione: quelli che ritengono il franchise debba seguire i propri desideri e pretese, e chi accetta la collettività di questo impero, che tanto ha da dare a tanti, soprattutto più giovani. Questo non vuol dire ovviamente accettare passivamente ogni cosa (io stesso non mi faccio scrupoli a smontare ciò che va smontato, come i remake di Rubino e Zaffiro), ma accettare che le cose cambiano, si adattano, non vedono più noi come protagonisti. Un apologo amaro, ma crescere è anche questo, nascosto dietro una constatazione scontata.
L’apice del film prevede uno scontro di ideali e verità in cui a uscirne vincitore è, prevedibilmente, Ash, non prima di una importante lezione sull’amicizia, la lealtà, l’affetto. E il momento forse più straniante in vent’anni d’animazione Pokémon, ma ve lo lascio gustare senza rovinarvi la sorpresa nel caso in cui non ne foste al corrente; vi dico solo che è coinvolto nientemeno che Pikachu.
Il ritmo, i toni, le atmosfere sono molto più ruspanti di tante altre pellicole Pokémon, soprattutto la prima, e in questo c’è forse l’omaggio più sincero all’universo di Pokémon, che fin dalla più tenera età ci ha incantati con boschi sterminati, natura selvaggia, senso dell’avventura che solo con l’abbandono di tante convenzioni (scuola, famiglia, paese d’origine) può essere assaporato. Qualcosa che mi ha lasciato un retrogusto molto piacevole.
Merita la lode, questo Pokémon – Scelgo te!? Io dico di sì, soprattutto per la strada seguita fino ad oggi dalla controparte animata del colosso giapponese. Siamo di fronte a una pellicola profondamente coraggiosa, che scavalca gli stessi limiti imposti dalle premesse per offrire quello che alla fine è un divertimento innocuo, disimpegnato, prevedibile, figlio della formularità più vincente di tutte.
Il vero motivo per cui, alla fine, dopo quasi vent’anni dal suo sbarco in Italia non ci siamo ancora staccati dalla galassia in perenne espansione chiamata Pokémon.
Sogna un corso universitario per scrivere biografie sagaci in tre righe. Creatore di Johto World, segue Pokémon dal suo arrivo in Italia nel 1999. Ne ha scritto e parlato così tanto negli ultimi due decenni che un sito come questo era una conseguenza inevitabile. Amante di Nintendo in generale, parla spesso di tutt’altro.