Zerocalcare una volta scrisse che “nessuno guarisce dalla propria infanzia”. Se nel 2017 sono ancora un appassionato di Pokémon, cosa di cui avrei dubitato nel 2001, credo che in questa affermazione un grosso fondo di verità debba pur esserci. Una delle tante dimostrazioni è stata durante l’ultima edizione di Cartoomics, in quel di Milano, dove tra stand traboccanti di fumetti, action figure e peluche si è potuto incontrare un nome molto speciale per chiunque sia appassionato di Pokémon: Mitsuhiro Arita.
Il maestro aveva uno spazio personale nell’Artist Boulevard, una serie di piccoli stand dove vari artisti hanno avuto occasione di interagire direttamente con appassionati e avventori. Quello di Arita, non ce ne vogliano gli altri talenti presenti nel Boulevard, è stato indubbiamente quello più gremito, con una fila talmente lunga da far superare nel weekend tempi di attesa di due ore. E quando è stato il mio turno, di farmi firmare le sudate carte, quello che mi sono trovato davanti è stato un essere umano come me, in carne e ossa. Un uomo di quasi cinquant’anni che ne dimostra venti in meno, con una modestia che nella sua posizione potrebbe risparmiarsi da due decenni. E soprattutto una passione rara, come dimostrato dalle pause pranzo ridotte al minimo per concludere le estenuanti sessioni di firme.
La possibilità di intervistare di persona Mitsuhiro Arita, data la situazione, è sembrata da subito impraticabile. Grazie alla cortesia e alla pazienza di Ottavia Cabassi, l’interprete che ha seguito il maestro nei suo intensi giorni milanesi, si è risolto il problema fornendo per iscritto le domande, le cui risposte mi sono arrivate via mail.
Buona lettura.
JW: I suoi lavori più noti traggono ispirazione da due grandi stili, quello fantasy e quello anime. A quale dei due è più legato?
Sono entrambe due dimensioni con cui lavoro da molti anni e che mi hanno permesso di esprimermi in molteplici direzioni. Direi comunque che è lo stile fantasy quello che sento più mio.
JW: Il suo stile mescola 2D e 3D, sfociando spesso nel fotorealismo. Quale delle due dimensioni preferisce?
Personalmente mi trovo più a mio agio nella bidimensionalità, ma non ho problemi a lavorare anche in 3D: dipende tutto da quello che mi viene richiesto in quel preciso momento.
JW: Qual è il Pokémon più difficile da disegnare?
In quasi vent’anni di collaborazione col GCC di Pokémon ho avuto occasione di disegnare praticamente ogni mostriciattolo, da quelli con le linee più semplici a quelli caratterizzati da più forme e tratti. Fra tutti credo però sia Dialga quello che ho trovato più impegnativo.
JW: Qual è la sua espansione preferita?
Per parecchi motivi (Arita è autore della maggior parte delle illustrazioni dell’espansione, n.d.a.) direi il Set Base.
Intervista breve ma intensa, in cui abbiamo avuto occasione di scoprire qualcosa di nuovo in merito a uno dei più talentuosi illustratori della sua generazione, oltre che naturalmente simbolo vivente di uno dei più grandi fenomeni della cultura pop di ogni tempo.
Un ulteriore ringraziamento va agli organizzatori di Cartoomics, che hanno permesso che fosse proprio l’Italia ad essere il primo paese europeo a poter incontrare il maestro Mitsuhiro Arita.
Sogna un corso universitario per scrivere biografie sagaci in tre righe. Creatore di Johto World, segue Pokémon dal suo arrivo in Italia nel 1999. Ne ha scritto e parlato così tanto negli ultimi due decenni che un sito come questo era una conseguenza inevitabile. Amante di Nintendo in generale, parla spesso di tutt’altro.