IGN ha rivelato da poco che nell’edizione 2023 dell’E3 mancheranno le “tre grandi”: Sony (che manca di fatto dal 2018), Nintendo (che, nonostante siano anni che non ha un palco suo, ha sempre avuto uno spazio dedicato in conferenza digitale) e Microsoft salteranno così la tradizionale kermesse losangelina. E a questo punto una domanda sorge spontanea: le fiere videoludiche hanno ancora un senso?
Con la fine della fase acuta della pandemia di Covid-19 sono riprese le varie fiere di settore, che prima erano state (giustamente) cancellate o spostate in un ambiente virtuale: E3, Gamescom, Milan Games Week, Tokyo Game Show e così via. Ma forse, alcune, in modo sbagliato.
L’E3 ad esempio ha provato a ripartire già un paio di volte, fin dal 2020, ma ad oggi solo l’edizione 2021 si è effettivamente tenuta, esclusivamente in forma digitale, complici sia nuove ondate del virus, sia la nascita di un altro showcase che si svolge quasi in parallelo ad essa, il Summer Game Fest.
Milan Games Week ha invece deciso di unirsi con l’altra grande fiera “nerd” milanese, Cartoomics, con risultati sicuramente positivi in termini di ingressi, ma negativi in termini di spazi, quantità e qualità degli espositori e persino feedback dal pubblico (che chiede a gran voce la divisione delle fiere, che ben poco hanno in comune).
Le false partenze sono più che giustificate, dopo un evento globale come la pandemia passata. Perché se è vero che E3 o MGW hanno sbagliato qualcosa, altre fiere videoludiche hanno ripreso il proprio corso come se niente fosse successo, come ad esempio il già citato Tokyo Game Show.
Ma a questo punto la domanda iniziale può essere rigirata in un altro modo: a chi servono le fiere di settore? Guardando fiere come la Gamescom (la più grande al mondo per numero di espositori e spazio occupato), verrebbe da dire “il pubblico“. Ma la risposta non è così immediata. È vero, questo tipo di fiere è ormai visto come una sorta di showcase con cui le case produttrici possono mostrare i futuri titoli al pubblico, pronto a provare demo e vedere trailer esclusivi. E questo è molto utile sia nel caso in cui si parli di una casa produttrice famosa (come Microsoft, Nintendo, Ubisoft, EA, eccetera), ma è ancora più importante per le case più piccole e gli sviluppatori indipendenti, che possono sfruttare queste occasioni per farsi conoscere e pubblicizzarsi.
Ma il pubblico non ha sempre avuto questo rilievo: alle origini le fiere, soprattutto l’E3, erano infatti principalmente dedicate al mostrare queste anteprime alla stampa e solo in seguito questi eventi sono stati aperti anche agli appassionati.
La stessa ESA (Entertainment Electronic Association, l’associazione che gestisce l’E3 ed è composta dalle principali case produttrici di console e videogiochi) aveva già detto in passato che vorrebbe “ridimensionare” la sua stessa fiera, tornando alle origini con eventi esclusivamente press, mentre per quanto riguarda l’edizione di quest’anno sembra che si stia muovendo dietro le quinte.
Ma questa soluzione andrebbe bene solo per alcune fiere, mentre altre continuerebbero ad avere un riscontro positivo dalla presenza del pubblico. Sarebbe interessante vedere come la presenza di due “tipologie” di fiere di settore possa far evolvere le stesse, tenendone alcune dedicate alla stampa ed altre il cui focus principale rimane il pubblico giocante, che può così provare i nuovi titoli.
Credo quindi che la domanda iniziale possa avere una risposta definitiva: sì, le fiere videoludiche continuano ad avere senso anche nel 2023, a patto che gli organizzatori sappiano in che direzione muoversi. E solo perché questa o quella casa produttrice decide di saltare una specifica fiera non vuol dire che quella non possa tenersi, semplicemente qualche altro videogioco finirà sotto i riflettori.
Cosa ne pensate? Secondo voi l’E3 e le altre fiere videoludiche continuano ad avere senso? Preferireste vedere fiere esclusivamente dedicate alla stampa o dovrebbero rimanere tutte aperte al pubblico? Fateci sapere la vostra, come sempre, sui nostri canali social!
Classe 1994, nintendaro dalla nascita. Ha quasi finito l’album delle figurine Pokémon uscito nel lontano 1999, e da allora è alla ricerca del Mew mancante. Ha iniziato a giocare a Pokémon con Oro quando ormai era già uscito Cristallo, ma da allora non si perde un’uscita della saga. Odia scrivere bio abbastanza sarcastiche in due righe.