RECENSIONE – Pokémon: La Grande Avventura

È trascorso talmente tanto tempo da quando ho iniziato ad interessarmi di Pokémon Adventures, il più celebre e duraturo manga legato alla saga, che a stento ricordo come io ne sia venuta a conoscenza. Era forse il 2011 o il 2012 quando iniziai a leggere le scan che si trovavano su internet, un po’ in italiano, ma per la maggior parte in inglese: ne rimasi incantata. Constatai però mio malgrado che, sia all’interno della comunità Pokémon, sia fra gli appassionati di manga in generale, questo prodotto era relativamente sconosciuto, e se già poche persone sapevano della sua esistenza, ancora meno lo avevano effettivamente letto tutto.

Pokémon La Grande Avventura

Capirete quindi come, già nel 2014, l’annuncio della trasposizione italiana dell’arco di Nero e Bianco sembrasse un sogno, il primo pezzo di quello che poteva essere un progetto molto più grande. I timori che ciò rappresentasse un caso isolato per quanto riguarda PokeSpe sono svaniti la scorsa estate: J-POP avrebbe pubblicato da lì a qualche mese l’intero arco narrativo di Rosso, Blu e Giallo (vi rimando al relativo articolo per ulteriori approfondimenti), sotto il nome di Pokémon: La Grande Avventura.

Sebbene con un discreto ritardo, vi porto oggi la recensione di questa prima, storica saga, che rappresenta per l’appunto l’inizio della “Grande Avventura” nel mondo di Pokémon Adventures. Prima di proseguire, ci tengo a precisare che questo articolo sarà totalmente privo di spoiler, sia per quanto riguarda il testo, sia ovviamente per le immagini inserite in esso. Tutto ciò che viene detto al suo interno riguarda solo ed esclusivamente la saga di Rosso, Blu e Giallo, e non tiene in alcun conto tutto quanto viene dopo di essa.

 

L'edizione italiana di Rosso, Giallo e Blu, curata da J-POP, è basata su quella francese.
L’edizione italiana di Rosso, Giallo e Blu, curata da J-POP, è basata su quella francese.

 

Il protagonista delle vicende è Rosso, un giovane Allenatore discretamente conosciuto a Biancavilla, il cui obbiettivo è allenarsi con costanza per divenire il migliore. In seguito ad un incontro alquanto particolare sia con Blu che con il Professor Oak, gli viene affidato un Pokedex, con la promessa che se arriverà a completarlo, sarà diventato per certo un Allenatore di alto livello.
Inizia così il viaggio di Rosso nella regione di Kanto, un percorso che da un lato riprende in maniera eccelsa alcune dinamiche del gioco, di fatto trasponendole su carta, mentre dall’alto si discosta ampiamente da qualsiasi altro prodotto del franchise.

Lo sceneggiatore, Hidenori Kusaka, dichiara infatti di “voler trasmettere il piacere e la meraviglia che abbiamo provato giocando ai titoli Pokémon. Mi faccio sempre mille domande: che tipo di Pokémon potrebbe vivere in questo habitat? A cosa potrebbe somigliare questa mossa?”. Tutti questi interrogativi potrebbero sembrare strani a noi, abituati alle mille sfaccettature di questo brand, ma è bene ricordare che Pocket Monster Special è stato pubblicato per la prima volta nel 1997, quindi quasi contemporaneamente ai primi giochi usciti per Game Boy. Ed è sorprendente vedere come, attraverso vari espedienti narrativi, Kusaka sia riuscito perfettamente nell’intento di ricreare in formato volumetto tutta una serie di dinamiche tipiche dei videogiochi. L’esempio più celebre ed iconico -non certo l’unico- è proprio il Pokédex, che non funge da mera enciclopedia o fonte di consigli per il protagonista (come accade nei primissimi episodi del cartone animato), ma si configura come uno dei principali mezzi di interazione tra gli Allenatori ed i loro Pokémon. Attraverso il Pokédex è infatti possibile, oltre a visualizzare le informazioni relative ad un dato mostriciattolo, bloccarne l’evoluzione, verificare i suoi punti salute, gestire le mosse che conosce e insegnargliene di nuove. Proprio come se il personaggio avesse in mano non una banca dati, ma quello stesso Game Boy a cui siamo così affezionati.

 

Esattamente come sulle console Nintendo, anche nel manga è possibile arrestare l'evoluzione di un Pokémon con un semplice tasto.
Esattamente come sulle console Nintendo, anche nel manga è possibile arrestare l’evoluzione di un Pokémon con un semplice tasto.

 

Se quindi da un lato i richiami al videogioco sono numerosi, e del resto lo stesso svolgersi di tutta la vicenda che riguarda Rosso e Blu prende a modello il percorso dell’avventura videoludica, dall’altro Kusaka riesce con successo ad inserire nella sua sceneggiatura qualcosa in più, degli elementi originali ed innovativi che diverranno poi il simbolo di Pokémon Adventures, l’emblema del suo modo di essere: primo fra tutti il realismo con cui le vicende si svolgono, sia per quanto riguarda gli “eroi” e gli antagonisti, sia per il funzionamento del mondo in cui la narrazione è ambientata.

Avremo quindi Rosso, un Allenatore non proprio alle prime armi, che tende a sopravvalutarsi e ad affrontare gli scontri senza alcun tipo di pianificazione, finendo spesso per ricevere delle batoste non indifferenti. Si presenta quasi come un canonico protagonista di uno shonen: talentuoso, sveglio, ma sovente troppo sbruffone e avventato per affrontare uno scontro al meglio delle sue capacità. Il suo viaggio è quindi anche, o forse dovremmo dire “soprattutto”, un percorso di crescita personale, che attraverso le vittorie, ma anche le sconfitte, lo porta a maturare sia come persona che come sfidante.

Ciò avviene soprattutto grazie ai continui incontri-scontri con Blu, il nipote del Professor Oak, un personaggio affascinante e ben più sfaccettato del rivale spocchioso con cui avevamo a che fare nei giochi. Sebbene l’aria di superiorità ed il tono saccente rimangano, Blu è comunque un ragazzo molto giovane, inesperto, che commette errori ed è soggetto a distrazioni: eppure, ogni volta, trova il modo di imparare da esse e perfezionarsi, così come è in grado di riconoscere i propri limiti e apprendere da Rosso un diverso modo di osservare il mondo.

E già solo constatando la naturalezza e il realismo con cui questi due personaggi crescono attraverso le vicende in cui rimangono coinvolti, si potrebbe identificare Pokémon Adventures come un’opera degna di nota. Ma c’è anche dell’altro.

 

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Rosso e Blu alla conclusione dell’ennesima lotta.

Prima di tutto, vi sono dei personaggi dei videogiochi che ben conosciamo a cui vengono dedicati numerosi approfondimenti, e che non sempre ricoprono il ruolo che ci aspetteremmo da loro. In secondo luogo, fanno in questi primi tre albi la loro comparsa due attori completamente inediti: Verde (la protagonista femminile di Pokémon Rosso Fuoco e Verde Foglia, per intenderci) che entra in scena già nel corso di questa prima saga, e Yellow, a cui è dedicato un intero arco narrativo che occupa metà del secondo volume e tutto quanto il terzo. A onor del vero, solo quest’ultima è una completa invenzione di Mato, la disegnatrice, e Kusaka, dal momento che dei bozzetti di Verde sono già riconoscibili in alcune vecchie illustrazioni di Sugimori: la ragazza infatti doveva inizialmente essere un personaggio giocabile nei videogiochi, alternativo al protagonista maschile.

 

Verde e e Giallo, due figure (quasi) inedite al tempo nel mondo Pokémon.
Verde e e Giallo, due figure (quasi) inedite al tempo nel mondo Pokémon.

 

Un altro aspetto del realismo di questo manga è incarnato dal Team Rocket, se possibile ancora più spietato. Il lettore ha infatti la netta percezione che si tratti di una organizzazione criminale in tutto e per tutto, e non solo di un gruppo di “cattivi” che è necessario sconfiggere per poter proseguire lungo il percorso: il Team Rocket è una presenza talmente grande e radicata all’interno della regione di Kanto, che non solo si manifesta, da parte di più persone, una sorta di “culto” per il suo capo, ma essa coinvolge al suo interno anche alcune personalità che ci aspetteremmo essere canonicamente fra “i buoni”, fra coloro che difendono la giustizia. E nonostante ciò, risultano comunque dei personaggi accattivanti, in grado di incuriosire ed emozionare il lettore, senza creare quel fastidioso effetto di “essere cattivi perché sì”, perché la storia ne ha bisogno.

E a proposito di storia, ho solo parole di elogio da spendere per Hidenori Kusaka, perfettamente in grado di gestire le singole avventure di più protagonisti in maniera parallela, senza sbilanciarsi troppo in favore dell’uno o dell’altro, ma lasciando a grossomodo a tutti lo spazio che meritano (con ahimè qualche piccola eccezione), specie per quanto riguarda l’avventura di Giallo. Essendo questi primi tre albi i più vecchi, sono anche quelli che meno si discostano dal procedere del videogioco, e potrebbe sorgere il dubbio che la narrazione ne risenta: non è così, e sebbene, in particolar modo, il percorso di Rosso e Blu segua uno sviluppo abbastanza classico, rimane comunque una lettura estremamente avvincente, con il giusto bilanciamento tra interazioni fra i personaggi, esplorazione del mondo circostante e lotte Pokémon. E proprio queste ultime sono un po’ il cardine della prima metà dei tre volumetti, l’espediente principale attraverso cui i protagonisti crescono, migliorando le proprie capacità attraverso un continuo mettersi in gioco. Espressione più che mai veritiera, dal momento che in Pokémon Adventures le lotte non sono mai fra i soli Pokémon e il ruolo dell’Allenatore diviene ancora più cruciale: sta a lui, spesso, sfruttare il campo di battaglia a suo favore, alterarlo per creare le condizioni necessarie alla vittoria. Gli Allenatori sono insomma direttamente coinvolti negli scontri, e non è raro che essi vengano presi di mira dai loro avversari, arrivando a riportare ferite e danni fisici più o meno gravi.

Rari sono i momenti di censura: questo è uno dei pochi, tra i più eclatanti.
Rari sono i momenti di censura: questo è uno dei pochi dell’edizione americana, che in Pokémon: La Grande Avventura è fortunatamente assente.

Tali scontri non sono però da intendersi come una mera sequenza di scene d’azione, dove il più forte ha la meglio a suon di potenza: il ragionamento è la chiave per uscire vittoriosi, e Rosso in particolar modo apprende questa verità sulla propria pelle. È un continuo cercare di prevedere le mosse dell’avversario per rispondere in maniera adeguata, adattando i propri piani a situazioni diverse, un continuo far fronte agli imprevisti, considerando ogni variabile possibile. Le lotte in questo manga, insomma, finiscono per essere spesso quelle che vengono definite “battle of wits”, un confronto in cui ha la meglio chi riesce ad anticipare gli attacchi avversari attraverso un controllo pressoché perfetto della situazione.

Ad accompagnare una trama avvincente e ben gestita troviamo i disegni di Mato, che ha lavorato al manga di Pokémon sino al volume 10 dell’edizione giapponese (Rosso, Blu e Giallo italiani coprono i primi 7 numeri giapponesi, sono quindi illustrati tutti dalla stessa autrice). Lo stile, sebbene molto bambinesco, risulta essere in realtà estremamente flessibile, adattandosi al meglio sia alle sequenze di lotta più sfrenata, sia a quelle più cariche di pathos. Non dimentichiamoci, poi, che nell’universo Pokémon i protagonisti hanno mediamente 11-12 anni, e non risulta quindi una forzatura vederli disegnati con tratti quasi “chibi”.

Ci terrei infine a portare alla luce un aspetto che personalmente adoro riguardo ai disegni di PokeSpe, ovvero che tutti quanti i personaggi, così come crescono caratterialmente e anagraficamente da una saga all’altra, allo stesso modo crescono anche fisicamente: è possibile, già a partire dall’arco narrativo di Giallo, trovare come Rosso, Blu e Verde siano disegnati in maniera leggermente più matura già rispetto ai capitoli precedenti, e questo perché fra una vicenda e l’altra è comunque trascorso del tempo.

 

La crescita di Blu è senz'altro un ottimo motivo per cui leggere PokeSpe. Ovviamente, parlo di quella caratteriale. Grazie a Serebii per l'immagine di confronto tra le varie saghe.
La crescita di Blu è senz’altro un ottimo motivo per cui leggere Pokémon Adventures. Ovviamente, parlo di quella caratteriale. Grazie a Serebii per l’immagine di confronto tra le varie saghe.

 

In poche parole abbiamo fra le mani un prodotto ottimo. Non del tutto esente da difetti, che ritengo tuttavia essere dovuti al fatto che, al pari delle controparti videoludiche Rosso e Verde, questa saga iniziale è stata la prima del suo genere: lo sviluppo delle vicende procede in maniera alquanto lineare -senza essere però mai banale, è importante dirlo. I personaggi presentano inizialmente una caratterizzazione abbastanza tipica, e non a tutti viene dato un degno approfondimento (Verde, in primis – degli altri, purtroppo, non posso parlare in questa sede). Tutto sommato però ritengo che siano pecche riscontrabili specialmente nei primissimi capitoli, quando, credo, Kusaka stava ancora tastando il terreno: egli infatti aggiusta di molto il tiro già a partire dalla conclusione della saga di Rosso e Blu, per migliorare ancora in quella di Giallo.

L’edizione italiana rende giustizia a questo prodotto: i volumetti, pur essendo di circa 500 pagine l’uno, non sono scomodi da sfogliare. Inizialmente temevo fossero particolarmente rigidi: al contrario, si sono rivelati discretamente flessibili, pur essendo molto resistenti. L’unico impiccio infatti, più che la sfogliabilità, risulta essere lo spessore stesso, rendendoli più adatti ad una lettura casalinga che ad una fatta in viaggio o sui mezzi pubblici.

Ho apprezzato molto la sovracopertina rimuovibile con il dorso coordinato dei tre volumi, sebbene abbia notato un po’ a malincuore la totale mancanza di pagine a colori, che pure nell’edizione originale giapponese erano presenti.

Non avendo letto l’opera originale, non posso fare commenti sulla qualità della traduzione, che dovrebbe essere tuttavia molto fedele ai dialoghi giapponesi, come ha più volte dichiarato la stessa J-POP. Ricordo che la pubblicazione ha come riferimento l’edizione francese, ma l’adattamento dei nomi è quello canonico americano-occidentale: il rivale (Green in giapponese) viene qui chiamato Blu, mentre la ragazza (Blue in giapponese) viene chiamata Verde. E sebbene io comprenda appieno questa scelta, che mantiene una linea di continuità con tutti gli altri adattamenti, mi ha fatto un po’ storcere il naso il pensiero che i nomi dei protagonisti siano stati tradotti in italiano, e avrei di gran lunga preferito mantenessero i loro nomi originali (quindi Red, Blue, Green, Yellow e via dicendo).

Lorelei

In conclusione posso dire senza esitazione che Pokémon: La Grande Avventura vale appieno i 25-30€ del suo costo, uno splendido inizio per un fumetto che, in Italia, non ha ancora neanche lontanamente mostrato le sue carte migliori. J-POP si è detta sin da subito molto aperta nei confronti di questo progetto, affermando, nel 2014, che se Bianco e Nero avessero ottenuto un buon successo, si sarebbero mossi per pubblicare anche i numeri più vecchi.

Abbiamo ottenuto lo scorso novembre Rosso, Blu e Giallo. Oro e Argento potrebbero essere vicini?
La casa editrice non si è ancora espressa in merito, ma dal modo in cui questa prima saga si conclude, sono abbastanza speranzosa verso il futuro.