La recensione di Pokémon Spada e Scudo, fatta col cuore

Giocare è divertimento, entusiasmo e sfida. Non fatevi ingannare dal titolo, adesso non sto parlando nello specifico di Pokémon (Spada e Scudo, magari). No, questo è un principio universalmente valido.

Divertimento, perché i più piccoli possono immaginare mondi dove sono convinti che andranno, un giorno; per i più grandi, è l’evasione da una vita molto spesso bella ma difficile, una fuga che permette di tornare bambini; magari proprio per poter di nuovo immaginarsi dentro quei luoghi che non vedremo mai nel mondo reale, ma che speriamo ancora, irrazionalmente, si possano visitare un giorno.

Entusiasmo, perché le emozioni derivate dal giocare sono vere, intense e pure, tanto forti che accettiamo ci prendano in contropiede facendoci dimenticare che esse stesse sono, alla fin fine, effimere. Ma se possiamo persino piangere mentre giochiamo, allora forse è giusto ignorare il pensiero della caducità delle cose materiali e farci travolgere dalle sensazioni, anche se per tutto questo un senso logico forse non c’è.

Sfida, perché vogliamo mettere alla prova noi stessi. Non potrò mai sfidare nessuno a singolar tenzone nella realtà, ma voglio sapere se sarò in grado di farlo! Che sia con un paio di cavalieri in miniatura e una scheda del personaggio in un gioco di ruolo, oppure con un controller in mano dopo aver sgranchito per bene le dita.

Una premessa per Pokémon Spada e Scudo, importante

Perché mi sono ritrovato a fare questa lunga e boriosa premessa? Perché mi rode, ecco perché. Perché se in un gioco non ci sono queste tre componenti fondamentali, il gioco è rotto. Un bambino giocherebbe forse con un pallone bucato?

Pokémon Spada e Pokémon Scudo sono due giochi rotti. Non necessariamente brutti: hanno degli spunti brillanti sul quale avrebbero dovuto basarsi per l’intera opera, ma non l’hanno fatto. È un gioco dove si prosegue per inerzia, perché “ho giocato a tutti gli altri e quindi questo lo devo finire perché non posso lasciarlo così, a metà.”

È un gioco triste. Non perché trasmetta emozioni strappalacrime, purtroppo. È triste perché è vuoto. Pokémon Spada e Scudo sono i giochi più inconsistenti degli ultimi dieci anni, non solo tra i titoli Pokémon ma fra tutti i titoli sviluppati da grandi compagnie, i cosiddetti “tripla A”. Non c’è un solo motivo per giocare a Spada e Scudo, se non che siamo già appassionati alla serie e vogliamo continuare irrazionalmente ad amarla, anche se non ne abbiamo alcun motivo. E spero che con i prossimi giochi non arriveremo a non avere nemmeno più la voglia, di amare questa serie, perché con Spada e Scudo si è toccato il punto più basso mai raggiunto da un gioco Pokémon della serie principale.

Sia chiaro, questo non è un rant, un capriccio di un bambino viziato o il lamento di un nostalgico che ripensa ai bei tempi andati. Chi vi scrive si ritiene un giocatore e videogiocatore abbastanza esperto da poter giudicare un’opera con schiettezza e rigorosità, senza favoritismi od ostracismi.

E in un periodo d’oro per l’industria videoludica, che fa da ponte extralussuoso alla prossima generazione di console, Pokémon Spada e Scudo sono i due piloni del ponte usati per far sparire cadaveri dalla ‘Ndrangheta. E nonostante la loro indubbia buona funzionalità (con dati di vendita ottimi), non si sforzano nemmeno di nascondere le problematiche a essi legate.

Pokémon Spada e Scudo: nuovo vecchio mondo

Le aspettative erano buone, non esaltanti, perché già dai trailer si capiva facilmente che Pokémon Spada e Scudo sarebbero stati dei “semplici” giochi di Pokémon, sulla falsariga delle due generazioni precedenti. Anche nelle prime interviste a tema, nell’ormai lontano 2017, i produttori non l’avevano nascosto: speravano che i fan non avessero “aspettative troppo alte” e ribadivano che sarebbero stati dei giochi classici, basati sulla formula ricerca, combatti e allena. Niente di rivoluzionario, storia classica con team malvagio, mostriciattoli onestamente molto belli, alone di mistero su una regione, Galar, che prometteva bene dai pochi scorci offertici. E poi gli stadi, arene gigantesche degne di Wembley e piene di pubblico per ogni lotta che nemmeno il Live Aid coi Queen del 1985. Prenoto il gioco il giorno stesso della prima presentazione, non appena viene piazzato il placeholder da Amazon.

I leak non mi scalfiscono, o meglio, riesco a evitarli come fossero peste bubbonica. Arrivo al day one senza che una sola informazione trapelata sia giunta alle mie orecchie. Inserisco Pokémon Scudo nella mia Nintendo Switch e mi preparo all’avventura.

Perché ho scelto Scudo, vi chiedete? Beh, presto detto: sono un tifoso della Roma. 

I protagonisti

La prima impressione è positiva. I colori sono molto avvolgenti, mi piacciono i comandi, il Munchlax che dorme placido in soggiorno mi fa sentire a casa. Mia madre mi saluta e mi dice di non andare nell’erba alta senza Pokémon, se non voglio cacciarmi nei guai. Rispondo “Ok boomer” e scappo via. Mi accoglie Hop, il nostro amico/rivale e subito lo odio. Basta, non ce la faccio più a vedere gente che gesticola con le mani giunte e la bocca chiusa. E non sopporto nemmeno più che il rivale sia un inguaribile entusiasta e perennemente ottimista, anche se da questo punto di vista le cose cambieranno leggermente più avanti, a furia di prendere batoste. Troviamo Dandel in stazione, tronfio nel suo mantello foderato di sponsor come nemmeno Cristiano Ronaldo. Provo sentimenti contrastanti per il campione della Lega Pokémon: che sia il fratello del nostro rivale è una novità, un punto di riferimento che non provoca gelosia ma sprona a combattere per la vittoria.

Questo è un punto cruciale del gioco. Non c’è un ideale, una storia personale per la quale andare avanti. Non c’è neanche la “damigella in pericolo”, il mondo non sta per sprofondare a causa di un piano folle del pazzo visionario di turno. Qui, a Galar, si lotta solo per vincere. Vista anche la chiara ispirazione all’Inghilterra e i vari riferimenti al calcio, si può intendere il nostro viaggio come quello di un giovane prodigio che tenta di vincere il campionato partendo da una piccola squadra di provincia. Si lotta per diventare il migliore e il focus è fin da subito chiarissimo: dobbiamo battere i magnifici Capopalestra.

Non va bene. Non funziona. Poteva andar bene in Pokémon Rosso e Blu, dove il team malvagio era una macchietta e il vero scopo era batterli tutti, anche più di acchiapparli tutti. Era l’inizio della storia e non c’era bisogno di una trama alla Final Fantasy per far innamorare i giocatori; facevano tutto i Pokémon e la nostra voglia di misurarsi contro i maestri dei tipi più disparati, per dimostrare a noi stessi di essere in grado di lottare ad armi pari. Ma non è più sufficiente, già da Oro e Argento, dove anche solo il Pokémon leggendario di copertina garantiva un alone mistico inedito.

Andando avanti, vengono introdotti gradualmente i vari personaggi secondari. L’anziana Professoressa Flora, che ha superato quota 100 per la pensione da circa 43 anni; la sua assistente Sonia, che rifila sguardi languidi perfino a bambini di 12-14 anni; Beet, viziato e raccomandato dal suo sponsor ricco alla Lega Pokémon; Mary, miglior waifu dell’universo Pokémon dai tempi di Camilla. E poi loro…

Il Team Yell dopo la sconfitta di Mary ai quarti di finale della Lega Pokémon. 

Il Team Yell è il nulla. Non è un team, non è malvagio, ha un solo modello tridimensionale per gli uomini e uno per le donne. Il vuoto cosmico, adornato con vuvuzela e qualche borchia, con in più la colonna sonora riciclata in parte da quella della Fondazione Æther.

La Spada e lo Scudo

E qui mi collego direttamente al finale, con il presidente Rose e la sua assistente Olive che cercano di realizzare il loro sogno. In questo gioco non c’è un cattivo, un villain scritto come tale. La marcia di avvicinamento alla battaglia contro Rose semplicemente non c’è. Non c’è motivo per odiarlo o per considerarlo una minaccia, visto anche che il Team Yell non è ai suoi servigi. Ha liberato un Pokémon leggendario (palesemente scartato dalle Ultracreature, per quanto comunque Eternatus sia esteticamente bello) senza un movente che venga spiegato come si deve: il timore di una crisi energetica prevista tra mille anni continua a non essere una motivazione davvero valida. Perché nella battaglia contro Rose la musica d’accompagnamento è mistica, con dei cori in sottofondo degni della sfida finale contro Sephirot? Non ha fatto nulla! Ha risvegliato un Pokémon venuto dallo spazio (e anche questo fatto dei Pokémon misteriosi e leggendari che vengono dallo spazio per non dare nessuna spiegazione su di essi avrebbe, insomma, anche un po’ stancato), per dare energia infinita alla regione di Galar. E con ciò? Non è una colpa! Non ha fatto nulla di… illegale? Sì, magari è stato un pelo precipitoso, un po’ troppo confidente nei suoi mezzi, ma anche quando egli stesso comprende che non è più in grado di controllarlo, chiama il Campione a catturare Eternatus. E il Campione accetta! Non solo per salvare Galar da un Pokémon che possiamo definire malvagio solo dal fatto che la sua forma gigamax sia simile a un disco volante alieno, ma anche perché ha perfettamente capito le intenzioni di Rose e ne condivide, seppur con modalità diverse, il sogno. Bene, adesso spiegatemi chi è il cattivo della storia, perché io non ne ho trovati.

Anche Guzman rivaluta il QI dei suoi scagnozzi dopo aver osservato il Team Yell.

E non c’è motivo neanche di introdurre qui altri personaggi di Pokémon Spada e Scudo, perché non ce ne sono. Vogliamo considerare i Capopalestra come personaggi degni di questo nome? Assolutamente no. Si salva il povero Ginepro, che da buon punkettaro quale è fa di testa sua e resiste in una città in cui il terreno non convoglia energia sufficiente per scatenare il fenomeno Dynamax. Laburno viene presentato più volte come l’unico in grado di sconfiggere, un giorno, l’invincibile Dandel, ma si scioglie come un Jellycent al sole nell’arco di una breve lotta. I dialoghi poi… sono forse la parte peggiore tra tutti gli aspetti negativi legati ai personaggi. Basici, privi di mordente, scadenti anche per i più piccoli. Non trascinano, non coinvolgono, a tratti risultano ridicoli.

Una linearità che ha stancato

Il viaggio questa volta non è soddisfacente. I percorsi sono molto differenti tra loro, ma gravemente costrittivi, senza la spazialità che ci si aspettava. In passato tra i percorsi spesso ci si perdeva (ovviamente per non più di 5 minuti, nulla di così complesso), ma da X e Y c’è una linearità troppo netta, che indirizza il giocatore non verso il viaggio, ma solo e unicamente verso il suo obiettivo finale. E questo fattore è ancor più enfatizzato in Pokémon Spada e Scudo, anche perché i percorsi sembrano creati per un gioco mobile e gli “sforzi” grafici sono limitati proprio alle città, alcune davvero bellissime al colpo d’occhio, ma anch’esse molto piccole e con una portata d’esplorazione assolutamente inesistente che non appaga. Non c’è nulla di vasto e sconfinato in questo gioco, a parte le Terre Selvagge e i loro famosi quanto tremendi alberi espiantati direttamente dalle foreste di Ocarina of Time.

Non sto scherzando. E lo sapete.

L’àncora di salvezza…

Sono sempre loro, i Pokémon, a svettare tra i miasmi di questo pattume. Questa generazione è una di quelle esteticamente e concettualmente più ispirate e difficilmente possono trovarsi Pokémon brutti e/o inutili. Dai tre starter molto solidi ai leggendari, design semplici ma cazzuti ed efficaci. Alcuni sono meravigliosi, dal nostro Signore Snom a Dragapult, dalla rotolante pecorella Wooloo al rappresentante non ufficiale de Il Trono di Spade Corviknight, da Eren dell’Attacco dei Giganti (alias Grimmsnarl) passando per un grande successo dei System of a Down come Toxtricity (che forse possiede la variante cromatica più bella mai realizzata). E poi le nuove evoluzioni regionali, con Perrserker, Sirfetch’d, Obstagoon, fino ad arrivare a Cursola, uno dei più grandi colpi di genio mai realizzati da GAME FREAK. E poi c’è lui:

Per Falinks vale, in parte, la riflessione relativa a Pyukumuku già elaborata su queste pagine in passato. Un Pokémon composto da… più Pokémon (?) e ispirato alla Legio VIII Hispana, una legione romana che, secondo la leggenda, scomparve negli impervi territori dell’attuale Scozia. E infatti lo troveremo nelle zone rocciose del Percorso 8, mentre sbuca da alcune piccole tane a passo di marcia. Subito riconoscibile e subito adorabile, con in più un moveset perfetto. Già, perché Falinks è un esercito in un sol Pokémon e, come tale, MENA: Spaccaroccia, Bottintesta, Contropiede, Schermaglia, Zuffa, Megacorno e Contrattacco. Se siete minacciati e rischiate una rissa, chiamate Falinks e risolverà la situazione.

…e il punto più basso

A tal proposito, sono purtroppo costretto a parlare delle animazioni in Pokémon Spada e Scudo. E qui dalla tristezza passiamo all’imbarazzo.

Non c’è che dire, un lavoro certosino. 

I modelli sono penosamente e stancamente riciclati da quelli dei giochi del Nintendo 3DS, solo scontornati in maniera un po’ più pulita; molti Pokémon non hanno animazioni d’attacco, si muovono come fossero statue di cera e lo stesso vale per i personaggi umani, che sembrano piccoli robottini radiocomandati; le proporzioni non sono rispettate e un Milotic è alto quanto un Wailord. E quanto gli allenatori dietro di loro. Addirittura in Pokémon: Let’s Go! c’era una maggiore attenzione per le proporzioni. E dire che, quando si diede una motivazione al taglio dei Pokémon dal Pokédex Nazionale, GAME FREAK addusse la scusa del “grande sforzo” per la creazione delle animazioni. Ma probabilmente si riferivano al trailer d’introduzione degli starter e dei leggendari di copertina.

Tra l’altro, nel primo trailer mostrato al pubblico, Zacian e Zamazenta se le danno di santa ragione; cosa che non accade nel gioco, dove sia con i cavalieri della leggenda di Galar, sia con noi giocatori, collaborano tra di loro. Ma magari stavano solamente allenandosi nella Stanza dello Spazio e del Tempo assieme a Goku e Gohan.

Le uniche animazioni apprezzabili (ma non esenti da bug e glitch comici) sono quelle utilizzate per il Pokécampeggio, una versione fortemente depotenziata del Poké Resort che risulta interessante per quei tre minuti nei quali si cucina un curry di dubbio gusto e si tira la pallina al proprio Duraludon. Entusiasmante.

Paver, quanto ci manchi…

Mi avvicino alla fine. Beet fa in tempo a diventare un’icona di Ru Paul e mi strappa un sincero sorriso. Dopo un lungo e tedioso torneo, arrivo allo scontro con il campione Dandel. La battaglia è molto breve, il livello dei miei Pokémon è alto e non ho fatica a sconfiggerlo e a laurearmi nuovo campione della regione di Galar. Scorrono i titoli di coda. Dopo circa 29 ore, ho completato la mia storia. E non vedevo l’ora.

Un online terrificante

Mi addentro nell’online una volta finita l’avventura, per scambiare qualche Pokémon o fare qualche raid, magari per catturare qualche Pokémon che ancora non ho o particolarmente forte. Ma l’online di Pokémon Spada e Scudo è un totale disastro. Problemi di connessione, matchmaking ridicolo, disponibilità di raid infinitesimale. Su milioni di giocatori appaiono appena 6/7 raid disponibili, che vengono subito occupati; se non si hosta, non si organizza cioè il raid, le probabilità di cattura del Pokémon sono inferiori al 10% (nella maggior parte dei casi). Tutto ciò è frustrante e scoraggia a continuare a giocare.

L’interazione tra giocatori poi è nulla: sono solo avatar che vagano per la mappa delle Terre Selvagge e fanno calare gli fps. E qui c’è da sottolineare una grassa menzogna raccontata da GAME FREAK: nei trailer precedenti all’uscita è stata mostrata più volte un’animazione dove diversi giocatori vagano per le lande insieme, per poi riunirsi attorno a un raid daynamax disponibile. Ecco, questa cosa non si può fare, perché non è possibile entrare nella mappa di un altro giocatore, o comunque l’unica interazione è tramite il sistema di notifiche a tendina disponibile nelle funzioni Y-Comm. Una serie di problemi del genere, per quanto riguarda l’online, la ricordo solo per The Legend of Zelda: Triforce Heroes, dove i server bellamente non funzionavano. Mi sforzo a giocare esclusivamente per completare il Pokédex, aiutato da alcuni amici e, alla fine, da Pokémon HOME. Ora è lì, sulla mensola che mi guarda e si prende gioco di me.

In conclusione

Pokémon Spada e Pokémon Scudo sono giochi che non valgono l’acquisto. Non nel senso che, magari, 60 euro possano essere troppi. No, neanche a 30 euro questi sarebbero giochi da considerare. E tutto questo è frustrante, perché io amo i Pokémon. Li amo alla follia. Non credo che questi giochi segnino il declino del brand più famoso e redditizio del mondo, dopotutto sono stati un successo enorme in termini di vendite. Ma serve di più. L’approdo su una console molto più potente aveva alzato al massimo le aspettative dei fan e l’asticella doveva essere alzata, ma abbiamo ottenuto l’esatto opposto: un gioco castrato, sviluppato di corsa e con i piedi (a essere gentili). Non basta riproporre all’infinito la stessa formula, per quanto essa possa ancora rivelarsi valida e sotto alcuni aspetti vincente; e non si tratta solo di qualche texture di bassa qualità o di una trama scadente, Pokémon non ha mai puntato su questi fattori. Serve un salto di qualità, una mossa coraggiosa, una rivoluzione che porti il giocatore a desiderare una nuova avventura. A sognare la prossima cattura.

Perché è il sogno, che rischia di svanire.

E poi? 

Ora, nei tremila anni impiegati per scrivere questa recensione (cosa che la ricerca di Floette da parte di AZ a confronto è stata una passeggiata) sono state annunciate e mostrate le due parti del Pass di espansione, il DLC a pagamento: L’Isola solitaria dell’armatura (in arrivo nei prossimi giorni) e Le Terre innevate della corona, previsto per l’autunno. Saranno acquistabili in un’unica soluzione, al costo di 29,99€. Queste aggiunte renderanno Pokémon Spada e Pokémon Scudo i giochi più costosi della storia del franchise. Le prime impressioni sono abbastanza neutre: per quanto riguarda i Pokémon (che vedranno rimpinguare le loro fila con circa 200 membri per rianimare un Pokédex abbastanza triste) i nuovi Regi e le Forme di Galar del trio degli Uccelli leggendari sembrano aggiunte molto solide e ben concepite, mentre i leggendari sono deludenti. Kubfu e la sua evoluzione Urshifu sono anonimi, mentre Calyrex è senza ombra di dubbio il Pokémon leggendario più brutto mai creato.

Sì, caro Terrakion, lo scettro ti è stato finalmente tolto.

Nell’aura di negatività che pervade chi vi parla, si potrebbe facilmente approvare il sillogismo “crea il problema – vendi la soluzione”. Non è però un processo alle intenzioni che gioverà all’attesa di questi DLC. È l’occasione perfetta per raccattare e incollare i cocci del giocattolo e dovrà essere sfruttata alla perfezione. Anche perché come visto dai teaser mostrati finora, di colpi in canna per Pokémon Spada e Scudo ce n’erano e l’ispirazione non si è dissolta.

Sempre pregando che non si siano risparmiati per puntare sul remake di Pokémon Versione Diamante e Versione Perla.