The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è uscito ormai da quasi due mesi ed è già considerato da qualcuno il prossimo Game of the Year, sebbene abbia qualche problema – come abbiamo anche affrontato nella nostra recensione in live qualche giorno fa. Ma vi siete mai chiesti cosa succeda dietro le quinte, in cabina di doppiaggio? Abbiamo deciso di importunare fare qualche domanda a tre importanti figure del doppiaggio italiano del gioco: Jacopo Calatroni, Martina Felli e Alessandro Zurla, rispettivamente il direttore del doppiaggio e le voci italiane di Zelda e Raul.
Come è stata l’esperienza di doppiare/dirigere il doppiaggio di un gioco così atteso dai fan: sentivate la pressione addosso?
Jacopo: Sicuramente sì, in qualche modo. Ho già diretto il precedente spin-off (Hyrule Warriors: L’era della Calamità) che è stato un ottimo banco di prova per prendere le misure sul franchise e sul tipo di lavoro richiesto, ma Tears of the Kingdom rappresentava un po’ la mia “promozione” sulla saga principale. Ero ben consapevole di quanto il gioco fosse atteso, è stato molto emozionante, anche perché per la prima volta potevo proporre le voci per i nuovi personaggi.
Martina: Fortunatamente non ho avvertito pressione, o almeno non più di tanto. La guida di Jacopo, mio collega e carissimo amico da anni, mi ha rasserenata tantissimo e mi ha permesso di approcciarmi al doppiaggio di Zelda senza troppa ansia. Certo, il timore di non esserne all’altezza c’era, ma è una cosa che fa parte di me a prescindere dal prodotto a cui sto lavorando.
Alessandro: In realtà, pur essendo un (ex)videogiocatore e pur conoscendo Zelda, nel momento in cui sono entrato in sala per registrare Re Raul sono stato semplicemente assorbito dal personaggio, senza pensare a un “dopo”. Il fatto di essere ben diretto, sia tecnicamente sia artisticamente, da Jacopo Calatroni e di avere a disposizione tutti i materiali video mi ha permesso di non preoccuparmi di nient’altro che non fosse recitare. Può sembrare una banalità, ma in realtà non è una cosa che accade così spesso. Perciò non c’è stata alcuna pressione, solo il gusto di poter dare il massimo nelle migliori condizioni possibili.
Com’è lavorare per il doppiaggio di un videogioco? E con Nintendo?
J: Spesso la direzione dei videogiochi è un compito un po’ ostico, perché a differenza di altre produzioni non puoi visionare gran parte del materiale prima dell’inizio della lavorazione. Per motivi di segretezza a volte non sai nemmeno tutta la storia del gioco! Fortunatamente però Nintendo è un’ottima realtà con cui collaborare: ogni registrazione viene gestita in collegamento con Alessandro Tardito, uno dei preparatissimi traduttori del copione, in grado di fornire qualunque informazione mancante. Trattandosi di un franchise affermato come Zelda, poi, avevo potuto prepararmi anche io studiandomi parte della lore in modo da poter fornire indicazioni più precise agli attori.
M: Il doppiaggio di un videogioco è divertente per certi versi e profondamente alienante per altri. Non sempre possiamo fare affidamento sui video completi: poiché spesso il doppiaggio viene effettuato quando il gioco è in fase di sviluppo, capita di dover lavorare su grafiche abbozzate, attori in carne e ossa con la motion capture addosso, o più semplicemente sulle onde sonore, delle quali spesso dobbiamo rispettare lunghezza e pause interne.
Con Nintendo, invece, abbiamo sempre avuto a disposizione le cutscenes definitive e, sia in Breath of the Wild, sia in Tears of the Kingdom, sembrava di doppiare un anime vero e proprio. Lo staff Nintendo che ci ha seguiti, inoltre, è sempre stato molto attento, propositivo e aperto a suggerimenti. È stato un piacere lavorare con tutti loro.A: Doppiare i videogiochi consente a volte una libertà maggiore rispetto ad altri tipi di lavorazione, e questo può essere sia un bene sia un male. Un bene quando capita di doppiare tutte le cosiddette parti “in game”, quindi senza labiale o video da seguire, in cui c’è un margine interpretativo maggiore rispetto a quando devi seguire la mimica facciale di un attore. È un peccato invece quando, su prodotti dal taglio maggiormente cinematografico, non hai a disposizione i video che ti permetterebbero di incollarti in maniera efficace alle espressioni del tuo personaggio. In alcuni casi inoltre il doppiaggio dei videogiochi può essere una vera e propria palestra per le corde vocali! Penso ad esempio, tra i tanti, al personaggio di Dempsey in Call of Duty, che ho fatto per una decina d’anni: turni di tre ore filate a sbraitare contro gli zombi utilizzando una voce arrochita e sgranata. Stancante, però anche molto liberatorio! Con Nintendo in particolare, come già detto, abbiamo avuto a disposizione tutto ciò di cui potevamo aver bisogno, compresa una consulenza diretta per quanto riguarda l’adattamento dei testi in tempo reale. Quindi una vera pacchia!
Avevate a disposizione le tracce audio giapponesi come riferimento durante le registrazioni o avevate indicazioni di altro tipo per le varie battute?
J: Avevamo a disposizione tutto il materiale originale: le voci giapponesi e i riferimenti video (alcuni non definitivi, ma per la maggior parte perfettamente comprensibili). Praticamente abbiamo doppiato il gioco come fosse un anime! È una cosa molto rara, nel campo dei videogiochi, ma limita notevolmente i rischi perché permette di curare meglio il prodotto. Lavorando con Nintendo fortunatamente non si ha mai la sensazione di brancolare nel buio (o nel miasma?) cercando di capire come far funzionare un dialogo.
M: Sì, avevamo a disposizione le cutscenes e le tracce audio dei nostri rispettivi personaggi. Poter contare sul materiale completo e ben organizzato ci ha notevolmente facilitato il lavoro.
A: Avevamo sempre l’originale in cuffia, oltre a qualsiasi indicazione di contesto potesse servire.
Ci sono stati “adattamenti in corsa” per cambiare frasi ad esempio in modo da farle risultare più fluide o più semplici da pronunciare, o anche semplicemente perché quando registrate risultavano migliori della frase iniziale?
J: Sì, abbiamo corretto diversi passaggi, anche solo per assecondare il labiale o rendere più efficaci alcuni dialoghi. Ci tengo a precisare che è un processo del tutto naturale e che si fa sempre, in fase di doppiaggio: mentre si registra a volte ci si rende conto che alcune soluzioni proposte funzionerebbero meglio con degli accorgimenti diversi. Avendo il traduttore in collegamento, potevamo sottoporgli le modifiche in tempo reale per avere un feedback ed essere certi di non allontanarci troppo dall’originale. Il lavoro di squadra dà sempre un valore aggiunto.
A: Qualcosa sì ma, almeno nel caso del mio personaggio, niente di eclatante se ben ricordo. Forse qualche piccolo aggiustamento, sempre concordato con il supervisore dei testi in collegamento via link.
Sappiamo dai social di Martina che per il suo casting per Breath of the Wild aveva fatto un provino per una fantomatica “Principessa Ella“. Ci sono stati casi simili anche per Tears of the Kingdom?
J: Sì, ogni personaggio nuovo viene introdotto con un nome in codice per evitare fughe di informazioni. All’attore in fase di provino viene mostrata l’illustrazione e vengono date alcune informazioni per capire come gestire voce e interpretazione. Immaginate la mia sorpresa quando nelle illustrazioni accompagnatorie ho visto comparire Ganondorf! L’ho riconosciuto immediatamente, nome in codice o meno.
A: Di Raul mi era stata mostrata un’immagine, per darmi un’idea del tipo di vocalità che poteva servire. Però non molto di più. Mi sembra che ci siamo affidati principalmente al tipo di frasi che erano state inserite nel provino e forse, ma non ne sono affatto sicuro, a qualche riferimento generico sul tipo di personaggio, della serie: buono o cattivo.
Ci sono aneddoti particolari che volete raccontare successi durante le registrazioni del doppiaggio?
J: Uno dei turni che ricordo meglio è il primo che ho fatto con Francesco Rizzi (Ganondorf). Il suo personaggio è particolarmente complesso perché usa diverse vocalità a seconda della forma con cui appare, e abbiamo passato davvero tanto tempo a trovare la chiave giusta per ciascuna di esse. Mi ha stupito in positivo vedere Francesco così coinvolto ed entusiasta: ci teneva a renderlo al meglio, continuava a fare nuove proposte e ogni volta io e il traduttore restavamo a bocca aperta. C’era sempre una sfumatura in più, anche quando pensavi fosse già un’ottima prova. Sicuramente avere un attore disponibile in sala è la cosa più importante, ma mi sono ritrovato a pensare a quanto possa offrire in più il nostro lavoro se viene gestito con tempistiche che permettano di non affrettarsi. Oggi si tende a fare tutto il più velocemente possibile, eppure il doppiaggio è un mestiere di artigianato. Ha bisogno dei suoi tempi.
M: L’unico aneddoto che mi viene in mente non riguarda Zelda nello specifico: siccome io e Jacopo abbiamo doppiato Ai e Gan nel remake di Yattaman del 2008, durante i primissimi turni di Tears of the Kingdom Jacopo mi ha consegnato una piccola figure di Ai di Yattaman che aveva preso apposta per me.
A: Beh, nel momento in cui ho saputo che Ganondorf, la nemesi di Raul, sarebbe stato interpretato dal mio amico Francesco Rizzi mi sono esaltato non poco! Soprattutto quando mi sono ritrovato a doppiare una scena particolarmente epica (evito spoiler), mi sono divertito a immaginare come sarebbe venuta fuori con le nostre voci. Devo dire che in genere quando Francesco e io ci troviamo insieme su qualche prodotto, cartone animato, telefilm o videogioco che sia, i nostri personaggi non vanno mai particolarmente d’accordo! E il più delle volte sono io ad avere la peggio. Ahahah!
Avete giocato o state giocando a Tears of the Kingdom? E se sì, come vi sembra il gioco?
J: Sì, ci sto giocando! Sono piacevolmente sorpreso dalla varietà che propone, anche rispetto a Breath of the Wild. Del gameplay non ho saputo praticamente niente in fase di lavorazione, quindi è stata tutta una sorpresa. Me lo aspettavo più simile al predecessore, invece è incredibilmente vasto e innovativo. Mi diverto molto a sperimentare varie soluzioni per
provare a risolvere enigmi o esplorare le aree con efficacia.M: Purtroppo non ho modo di giocarci, ma ho guardato le cutscenes su YouTube. Ero curiosissima di ascoltare il doppiaggio nel suo insieme e, come mi aspettavo, è stata una grande emozione.
A: Eh no, purtroppo ormai non gioco più. Se mi capita di prendere in mano il joypad lo faccio solo per rigiocare per l’ennesima volta ai giochi che già ho finito svariate volte. La mia mini collezione privata di pochi eletti. Però Tears of the Kingdom mi sembra veramente bello, specialmente perché in un’epoca dove i titoli grossi puntano tanto su grafiche iperrealistiche Zelda invece ha portato una ventata di aria fresca. La prima cosa che ho pensato vedendo il bellissimo trailer è stata: finalmente ci sono dei colori luminosi! Non per parlare come un vecchietto, ma una volta era davvero possibile riconoscere la casa produttrice di un videogioco semplicemente dallo stile grafico, come la firma di un disegnatore. Capcom, Namco, Eidos, Square ecc., avevano tutte delle cifre stilistiche immediatamente distinguibili. Con la ricerca esasperata del foto realismo, comprensibile per carità, queste caratteristiche sono andate sparendo.
Cosa provate del vostro lavoro, ad opera finita?
J: Sono piuttosto orgoglioso di come è uscito, e finora i feedback che ho raccolto sono stati tutti molto positivi. Avevo una mia idea registica di come rendere la crescita di alcuni personaggi e credo che il risultato la rispecchi, quindi da direttore posso ritenermi soddisfatto.
M: Avere avuto nuovamente l’onore di prestare la voce a Zelda mi rende orgogliosa del cammino che sto intraprendendo, che mi auguro sia ancora lungo e mi porti a migliorare sempre di più. Inoltre, sentirmi interagire con persone che negli anni sono diventate molto importanti per me (Alessandro Zurla e Francesco Rizzi, doppiatori di Raul e Ganondorf), mi ha riempito il cuore. Sono grata a Jacopo, per avermi fatta sentire “a casa” dalla prima all’ultima incisione, e a Nintendo, per avermi permesso di vivere una delle esperienze più significative di tutta la mia carriera.
A: Ho visto qualche video e devo dire che sono soddisfatto. Personalmente sono contento di quello che sono riuscito a restituire di Raul e delle sue virtù, ma nell’insieme mi sembra davvero un lavoro fatto molto bene, sia nella sua totalità sia nelle sue singole componenti. In questo senza dubbio una buona parte del merito va a Jacopo e al suo lavoro di direzione.
Ringraziamo nuovamente Jacopo, Martina e Alessandro per la disponibilità concessaci per questa intervista, e speriamo di poterli avere nuovamente in futuro per qualche altra occasione. Si ringrazia anche, per l’immagine di copertina di questo articolo, Dalila di The Hyrule Fantasy – Zelda Italia.
Cosa ne pensate? Sapevate come funzionava il mondo del doppiaggio? Come avete trovato il doppiaggio di Tears of the Kingdom? Fateci sapere la vostra, come sempre, nei commenti sui nostri canali social!
Classe 1994, nintendaro dalla nascita. Ha quasi finito l’album delle figurine Pokémon uscito nel lontano 1999, e da allora è alla ricerca del Mew mancante. Ha iniziato a giocare a Pokémon con Oro quando ormai era già uscito Cristallo, ma da allora non si perde un’uscita della saga. Odia scrivere bio abbastanza sarcastiche in due righe.