Johto Redrawn, intervista ai creatori del progetto

Una fatto che ho appreso per intercessione dei videogiochi è che i luoghi a cui ci si può legare, per cui si può provare nostalgia e malinconia nel rivederli a distanza di anni, non sono esclusivamente reali. La sensazione che provai un paio d’anni fa nel rivedere Varazze, il borgo ligure dove da bambino ero solito andare in vacanza, è molto simile a quella che mi ha acceso Johto Redrawn, un progetto fanmade con l’obiettivo di ridisegnare e arricchire la regione di Johto, il setting di Pokémon Oro e Argento. Un sentimento particolare, sfumato tra l’amore per il passato e la perentorietà del tempo che passa, su cui questo lavoro getta le fondamenta regalandoci qualcosa di inestimabile.

Amarantopoli, reimmaginata da Zaebucca.

La prima volta in cui ho sentito parlare di Johto Redrawn (qui il link per vedere l’intera mappa) è stata quando Alessandro, mia vecchia conoscenza e tra i collaboratori del progetto, mi ha scritto per propormi l’articolo che state leggendo: una chiacchierata con gli autori, un gruppo di pixel artist sparsi per il mondo e uniti dalla passione per la più squisitamente giapponese tra tutte le regioni comparse in Pokémon. Vedendo i lavori, il talento, la cura e l’amore per i dettagli, non ho potuto che restare incantato una volta di più da quell’angolo di mondo dove io, come moltissimi altri fan, trovo le fondamenta della mia passione per questa saga.

La pixel art include già nel proprio nome l’ambizione di portare un elemento interpretato a lungo come esclusivamente ludico, il pixel, a un livello superiore. Esattamente ciò che riesce a fare Johto Redrawn, arricchendo i sentieri e le cittadine minimaliste create da GAME FREAK oltre vent’anni fa di particolari spesso incredibili. Come certi giochi de La Settimana Enigmistica, dove la sfida era trovare il dettaglio più nascosto.

Le origini del progetto

Un affresco così elaborato nasce nel più classico dei modi: con un attimo di ispirazione. Foofarawr, uno degli oltre trenta artisti che ha lavorato a Johto Redrawn, pubblica nel novembre del 2020 uno scorcio del Lago d’Ira arricchito da diversi dettagli, ispirato dai lavori di Alessandro, noto sulla scena come zaebucca, ed EdelweissPkmn, altro celebre pixel artist.

Il tweet diventa in breve tempo virale attirando l’attenzione di migliaia di appassionati, tra cui molti artisti del settore. Un circolo virtuoso che comincia a definirsi proprio grazie ad Alessandro: è lui a proporre a una prima cerchia l’idea di ridisegnare l’intera regione di Johto. L’idea piace, la voce si sparge, e in poco tempo Twitter si riempie di lavori con l’hashtag #johtoredrawn.

Gli autori

Benché il risultato finale abbia il potere di meravigliare lo spettatore, i primi passi di molti degli artisti coinvolti nella realizzazione di Johto Redrawn sono stati accompagnati dal più classico dei programmi di Windows: Paint. Un avviamento di carriera riassunto molto bene da Foofarawr, che spiega come da bambino “non avessi molti videogiochi, né una connessione internet. A quel punto le cose da fare su Windows 95 si riducono a campo minato, solitario e Paint, e da grande amante del disegno a mano libera non potevo che impazzire proprio per quest’ultimo. Non credo che quella che facessi all’epoca fosse pixel art, ma il fascino di quelle forme squadrate mi ha sempre colpito. Come un puzzle da comporre.

Le Rovine d’Alfa secondo EdelweissPkmn.

Altri invece nel mondo della pixel art ci sono entrati in modo quasi fortuito, come Warxwell: il suo sogno era infatti diventare uno sviluppatore di videogiochi. “Non avevo però le capacità per programmare”, spiega, “e pensavo che la pixel art fosse l’introduzione più semplice, bastano uno schermo e un mouse. E ora eccomi qua”.

Background differenti riassunti però, com’è ovvio, dal grande amore per i videogiochi e da esperienze formative saldamente radicate nel mondo a 8, 16 e 32 bit, anche portatili. Più volte è infatti citato il Game Boy Advance, il gioiellino di Nintendo che proprio di recente ha compiuto vent’anni.

Forma e sostanza

Parlare di Johto, inevitabilmente, significa parlare di Giappone. L’identità stessa di questa regione è definita dalle sue pagode, dai suoi santuari immersi nei boschi, dai suoi artigiani, coordinate ben precise che portano il giocatore in ambienti ed epoche molto lontane dalla quotidianità occidentale. E in molti, tra gli autori del progetto, hanno avuto la fortuna di visitare i luoghi che hanno ispirato la regione, Kyoto e la regione del Kansai di cui l’antica capitale è il cuore pulsante. Come Nekofresa, che spiega come “il centro di Kyoto racchiude alla perfezione lo spirito di Johto, al punto che non è difficile immaginare Ho-Oh sulla cima del tempio di Hōkan-ji, uno dei simboli della città”.

Di nuovo l’Amarantopoli di Zaebucca, di notte.

La poesia di Johto deve però scendere a patti con quelle che sono le sfide di un lavoro così complesso.  E se molti concordano che l’aver avuto una mappa già pronta sia stato un aiuto fondamentale nel dare una direzione al progetto, un modello così ben definito può diventare al contempo ingombrante. “I ciuffi d’erba sono stati un vero incubo: volevo trovare uno stile che fosse diverso da quello dei giochi ma al contempo semplice, naturale” spiega Marian. La necessità di dare una propria identità a Johto Redrawn, affine ma distinta dalla fonte, torna anche nelle parole di Foxxdrive: “Cartelli ed edifici sono stati per me la parte più complessa, non potevo accontentarmi di una versione più elaborata di quella vista nei giochi. Volevo creare qualcosa di fresco, di nuovo”.

Da un punto di vista prettamente tecnico, il software più utilizzato è Aseprite, anche se non mancano utilizzatori di Photoshop e Paint.net.

Ritorno al presente

Un altro dettaglio che accomuna gran parte degli artisti di Johto Redrawn è l’essere a tutt’oggi appassionati di Pokémon. Molti hanno infatti giocato Pokémon Spada e Scudo, condividendo con la fanbase opinioni contrastanti. Cass Cole parla di delusione riguardo le avventure di Galar, “titoli sviluppati in fretta, a cui hanno fatto seguito due DLC che hanno riproposto un’esperienza fin troppo simile all’originale anziché risolverne i problemi”. Un giudizio simile a quella di Jerky, che trova triste come “i titoli di oggi abbiano meno contenuti di quelli venduti dieci anni fa, a un prezzo però maggiore”.

Altri, come JD, ritengono gli ultimi titoli “estremamente solidi, nonostante le prime tre generazioni occupino per me un posto insostituibile”. E c’è anche chi come Foofrawr attende fiducioso spin off quali New Pokémon Snap, al cui riguardo sono di recente emerse nuove informazioni.

L’Altopiano Blu di SJPixels.

Grande argomento in cui le esperienze dei singoli differiscono è anche quello riguardo le prospettive lavorative di un pixel artist. I più fortunati, come JD e Christopher Kelsall, possono dirsi pixel artist di professione, mentre c’è chi come Nekofresa ha addirittura esperienza con titoli tripla A, nel ruolo di modellatore 2D/UI. Per gli altri, però, il pixel è prima di tutto un hobby. Chi lo fa per arrotondare lo stipendio, come Jerky, chi con la ferma intenzione di farlo diventare un mestiere, come Foxxdrive, e chi semplicemente lo fa per svago.

Il futuro

Che nel corso degli anni ’10 il pixel abbia vissuto un autentico rinascimento è fatto assodato. Un’impressione condivisa dagli autori di Johto Redrawn, anche se con qualche puntualizzazione, come quella di Zaebucca: “Preferisco ritenerla una presa di coscienza più che un rinascimento. C’è ovviamente un revival tutt’ora in corso, ma questo ha significato anche un riconoscimento del pixel come un medium a sé, e non come semplice sottoprodotto tecnologico. Diventa così non solo uno strumento per esprimere nostalgia, ma un vero e proprio linguaggio estetico.

Il Lago d’Ira (completo) secondo Foofarawar.

Foofarawr è convinto che il pixel non se ne sia mai andato: È una forma d’arte senza tempo. Basti pensare al primo 3D, così spigoloso e rozzo: non lo si potrebbe mai vendere a un bambino di oggi, abituato a modelli poligonali ben definiti anche nei giochi gratuiti. Chrono Trigger e Stardew Valley, dall’altra parte, sono due giochi distanti vent’anni l’uno dall’altro. Ma a vederne una schermata non lo si direbbe mai”.

Il futuro diventa inevitabilmente ricco di prospettive, sulle quali sono in molti a fare affidamento. “Nei prossimi anni sempre più pixel artist abbandoneranno l’approccio nostalgico alla materia, per semplici ragioni anagrafiche”, osserva JD. “Il che significa che sempre più persone vedranno la pixel art come un medium a sé stante, piuttosto che la rappresentazione concreta di antiche limitazioni. Una prospettiva che mi entusiasma”.

La Fiordoropoli di Marcus Dewndeym.

E i prossimi progetti sono già delineati: da qualche settimana l’account Twitter di Johto Redrawn è diventato Kanto Redrawn, dando il via a un itinerario parallelo a quello visto nella regione di Fiordoropoli.

Si chiude così questa panoramica dedicata a Johto Redrawn, un progetto ad oggi unico nel suo genere e capace di ricordare a molti, soprattutto i più disillusi, dove si trovano davvero le radici di Pokémon. Non solo nella GAME FREAK dei tempi andati, ma anche nella fantasia e nell’ambizione degli appassionati.