Tutti noi abbiamo un interesse che seguiamo senza davvero prenderne parte, magari perché è fuori dalle nostre comfort zone o perché semplicemente richiede più abilità di quanta ne abbiamo a disposizione prima del 27 di ogni mese. Durante questo periodo di quarantena molte persone che conosco hanno riscoperto il piacere di visitare le coste delle varie regioni di quel bucolico e familiare mondo Pokémon, ma hanno deciso di misurare se stessi in una sfida particolare: la nuzlocke.
Questa sfida, sulle cui modalità non mi dilungherò (sono ormai cosa nota per tutti) è un mio tallone d’Achille e vedere tutte queste persone che traggono da questa esperienza l’ispirazione artistica per creare delle meraviglie…
…mi riempie di una gelosia pazzesca, perché mi sembra che loro abbiano accesso a qualcosa che mi è precluso e riescano a trarne ispirazione, gioia, entusiasmo – proprio come ha fatto GojiTaku, che ha riniziato Pokémon Versione Blu con le regole nuzlocke e ha deciso di mettere la sua avventura in fumetto. Il motivo per cui sento di essere escluso dal poter prendere parte a quest’esperienza in prima persona è il peso degli errori, il timore di non essere abbastanza bravo, di non riuscire a portare a termine la sfida ma soprattutto la paura di perdere i Pokémon a cui mi sono affezionato.
Ricordo la prima volta che ho fatto una nuzlocke su Rosso Fuoco: l’ho abbandonata quando è morto Rosichino (il Rattata preso appena fuori Biancavilla – il nickname gliel’avrei dato appena arrivato dal Giudice Onomastico, in realtà non so nemmeno se è nel limite dei caratteri consentiti) che è stato ucciso dal Pidgey di Gary alle porte di Smeraldopoli. Ci ho riprovato con Bianco 2, anni dopo, ma non sono neanche riuscito a vedere i palazzi scintillanti di Austropoli perché mi hanno ucciso Brutto, il mio Riolu, nella Palestra di quella macchietta che è Komor. Una situazione simile che si ripresenta anche su Xcom 2, al di là del mondo Pokémon, che ho ancora installato su PC da quando l’ho comprato nel febbraio 2017: ci ho giocato due ore senza perdere un solo soldato ma non l’ho mai riaperto perché sono stato assalito da una paura pazzesca di fallire.
Certo, è una mia pecca la paura paralizzante di fallire, che è anche il motivo per cui amo l’università e ho odiato con tutto il cuore le scuole precedenti: per una verifica andata male il 4 resta, e anche se il voto della verifica di recupero è un 10, rimane come una cicatrice quasi indelebile a segnare il tuo percorso, mentre molti corsi universitari permettono di prendere parte a un esame più volte fin quando non ottieni il voto che preferisci. Se cadi e sbagli non rimane un segno, ma ti rialzi e riprovi venendo premiato per la determinazione (o almeno si spera). Questo significa che sei tu a porre la fatidica asticella da superare e sei tu a prenderti carico delle responsabilità della tua scelta.
Date queste premesse, qualcuno potrebbe giustamente pensare che questo mio problema possa manifestarsi anche nel “Dark Souls dei Dark Souls”: Dark Souls. E invece per me (e per qualcun altro) questo gioco non è punitivo come potrebbe sembrare, perché se (e quando) vieni schiacciato da un grosso martello o semplicemente cadi da uno sperone di roccia mentre guardavi in lontananza quella che credevi fosse un riferimento a Lothric ma era solo una nuvola, puoi semplicemente tornare dove sei morto, recuperare le anime e riprendere il cammino; ovviamente rischi di perdere le umanità, ma potrebbe andare molto peggio – potrebbe piovere. La punizione per aver sbagliato in un gioco che ti invita ad apprendere dal tuo errore e riprovare deve essere comunque una punizione, ma non talmente dura da portarti a spegnere la console e non giocare più; e lo so bene, dal momento che l’ho giocato a lungo.
Ma se uno dei giochi considerati più difficili nel panorama videoludico moderno è alla mia portata, perché la nuzlocke su Pokémon no? Perdere un amato animaletto è così segnante per me? Assolutamente sì! Il non poter ritornare sui miei passi, il non poter riprovare senza ricaricare il salvataggio e invalidare così la natura della sfida è straziante, e mi fa sentire esattamente come quando arriva il cameriere in pizzeria a prendere l’ordine e non ho ancora avuto il tempo di lanciare il d20 che uso apposta per prendere le decisioni, terrorizzato di sbagliare così tanto da rovinare tutto il resto della serata (come riassunto da ZeroCalcare in questo splendido video).
Certo, le nuzlocke sono regole auto imposte, non come Xcom che ha delle meccaniche precise, ma la natura stessa della sfida è riuscire a discapito delle limitazioni e mi sento legato come con un contratto d’onore a queste regole. Il mio timore è legato all’irreversibilità delle cose, la pizza nuova che potrebbe non piacermi, il sushi costoso che potrebbe essere mediocre o il vedersi rifiutato un pezzo in cui hai messo il cuore.
E allora perché amo così tanto vedere altre persone prendere parte a queste sfide? Perché posso vivere l’azione senza mai sbagliare, zero conseguenze, zero problemi, solo intrattenimento. È l’esatto motivo per cui sto seguendo molte serie di Xcom e nuzlocke di Pokémon su YouTube, ma mi rendo conto che non riescono a soddisfarmi appieno, e anzi finisco col farmi prendere dalla tristezza: potrei farlo anche io, ma non sono abbastanza coraggioso.
Ma non è questo il punto? Il coraggio di rischiare di fallire? Da quando vado in università ho scoperto una cosa importante: quando scopro che l’esame non è risultato sufficiente non mi sento male perché i miei genitori saranno delusi o perché il mio professore sarà amareggiato (cosa che non accade, sono solo un numero di matricola con le braccia dopotutto), ma perché sono deluso da me stesso, mi sento più responsabile delle mie azioni e dei miei voti di quanto mi sia mai sentito alle scuole superiori. Avere delle tabelle di marcia prestabilite e professori che mi seguivano mi ha fatto sempre sentire come se dovessi essere trasportato fino al traguardo con il minimo sforzo (mai stato uno studente modello), mentre il trovarmi quasi da solo davanti a una sfida mi ha mostrato come fosse sempre tutto nelle mie mani e che se fossi caduto avrei dovuto rialzarmi con le mie gambe.
La lezione che credo di poter trarre da tutto questo è che affronto diversamente le cose quando ho la possibilità di decidere da solo quali sono i limiti che mi sto imponendo, i rischi da correre, l’altezza dell’asticella sapendo che posso sempre cambiare la mia aspettativa e arrivare a un compromesso con me stesso. Cosa voglio dire con questo sconclusionato discorso che vi ho portato oggi? Che l’unica cosa che mi impedisce di apprezzare una parte della cultura videoludica è la mia stessa paura di fallire, quindi volevo dire a te, caro lettore: non farti fermare da qualcosa di così stupido come la paura di poter fallire in un ambiente dove il peggio che può capitare è cancellare il salvataggio per poter ricominciare – incidentalmente questo funziona anche in altri ambiti, come il provare quella pizza che non hai mai voluto provare, andare al sushi quello là che costicchia ma sembra buono o il provare a scrivere un articolo per il tuo sito preferito.
E ora, se volete scusarmi, vado a riaccendere il mio 3DS: ho una nuzlocke di Pokémon Bianco 2 da iniziare, wish me luck.
Ringraziamo GojiTaku per le sue bellissime tavole: potete trovarlo su Facebook (@GojiTaku Art) e su Twitter (@TakuMargi).
Dottore in Scienze della Comunicazione e perditempo locale.
Videogiocatore fin dai tempi idilliaci della sua infanzia sulle Alpi cuneesi, Gionata ama la letteratura fantastica e i salvataggi automatici che non si sovrascrivono. Gioca a Pokémon da quando suo fratello gli ha mostrato Blu nel 2001 e da allora non ha più smesso di amare la saga, con i suoi alti e i suoi bassi.