A Pokéclone series – Digimon Story Cyber Sleuth: così familiare, così diverso

Secondo appuntamento nella serie in cui io dimostro tutta la mia stronzaggine pur di non darla vinta alla disonestà intellettuale di Palworld dedicata ad alcuni Pokécloni che ritengo decisamente interessanti e che potrebbero dare qualche spunto in più a chi ha deciso che Pokémon non è più “quella di una volta” (ma quando mai lo è stata?) ma comunque vuole giocare qualche Monster Collector. Il titolo (o meglio, i titoli, ma ci arrivo tra poco) di oggi è un gioco il cui nome ricorderà qualcosa a molte persone. Sto parlando di un gioco appartenente ai primi, grandi e storici rivali di Pokémon: Digimon Story Cyber Sleuth.

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Due storie in una

La versione presente su Nintendo Switch di Digimon Story Cyber Sleuth è in realtà la raccolta che include, oltre all’omonimo titolo, anche il “sidequel” Hacker’s Memory, rendendo di fatto la cartuccia due giochi in uno.
In ogni caso, nonostante le due storie siano intrecciate e il secondo titolo presenti delle differenze (come ad esempio l’aggiunta di alcuni Digimon incontrabili solo lì), è meglio iniziare dal primo capitolo.
Una particolarità di questa versione del gioco, inoltre, è che i due salvataggi sono comunque “uniti”, ed è possibile, una volta completate entrambe le storie principali, “condividere” i Digimon allevati tra le due partite. In questo modo non esistono davvero Digimon esclusivi in base alla versione di gioco, sebbene questa feature si sblocchi molto avanti nella storia (probabilmente per evitare che il giocatore possa abusarne nelle fasi iniziali del gioco).

Ed è forse, a mio avviso, la storia la componente più interessante di questo gioco: in questa Tokyo, gli avatar del giocatore si muovono tra mondo reale e aree digitali. In Cyber Sleuth, il protagonista “perde” il suo corpo venendo rimpiazzato da una sorta di “avatar fisico” e viene preso sotto l’ala protettiva di una detective privata, per poi ritrovarsi a risolvere casi sia a Tokyo che in EDEN, una specie di portale digitale a metà strada tra il mondo reale e il DigiWorld. In Hacker’s Memory si interpreta invece un hacker che, prima dell’inizio del gioco, si vede rubare il proprio avatar di EDEN (le coincidenze della vita), e decide poi di unirsi a una banda di hacker (buoni) da poco formatasi.
Le due vicende, come detto, corrono praticamente in parallelo, con molti personaggi secondari che si muovono tra una storia e l’altra, e anche i cattivi sono (ovviamente) connessi tra di loro e collegati alla lore stessa della serie.

La trama di entrambi i giochi è comunque molto interessante, a tratti anche seria, e i personaggi sono ben caratterizzati.

Il tutto è condito da sidequest di varia natura e alcuni collectibles da raccogliere come contenuto secondario.

Tante creature familiari, ma uno strano sistema di allevamento

Se siete cresciuti tra gli anni Novanta e gli anni Duemila, sicuramente ricorderete molti dei Digimon presenti in questo gioco, in quanto diversi arrivano dalle serie animate che ai tempi arrivavano ancora da noi (Bandai, per favore, ascoltami: riportale anche qua): Agumon, Greymon (praticamente il “Charizard dei Digimon”), MetalgarurumonWormmon e così via. Ma non sarebbe un Monster Collector se non ci fossero sistemi per ottenerli, giusto?

Sì. Questo è lo schermo di quando si cerca di far Digievolvere qualcosa.

In primo luogo in realtà non esistono le catture in senso stretto: quando si inizia una lotta (che sia contro Digimon selvatici o contro altri Tamer), i Digimon avversari verranno “scansionati”. Dopo aver scansionato per un po’ di volte lo stesso Digimon, si potranno usare questi dati per generare un Digiuovo che si schiuderà immediatamente nel Digimon scansionato. Per farli digievolvere e ottenere creature più forti bisognerà invece livellarli, ma non solo. Tipicamente un Digimon potrà trasformarsi in più di una forma evoluta, ma ciascuna di queste ha delle richieste in termini di livello e statistiche minime differenti (praticamente un analogo di quando si cerca di far evolvere Tyrogue, ma con un livello di complessità maggiore). E per ottenere i Digimon più forti è possibile che sia necessario andare avanti e indietro tra i vari stadi evolutivi per far salire una statistica specifica che aumenta solo in questo modo (e che serve proprio da requisito per molti).

Vedete quell’input che dice “Auto”? Sarà attivo il 90% delle lotte.

Un combat system che ricorda Leggende Arceus, ma peggiore

E ora, il punto debole (per me) del gioco. Che però consiste in almeno un terzo del gioco. Il combattimento.

Le lotte in Digimon Story Cyber Sleuth (e Hacker’s Memory, che aggiunge un paio di modalità nuove, ma sempre basate su questo sistema) sono infatti, per me, una fonte infinita di noia e terrore. Sì, perché fondamentalmente il sistema di “turni” è molto simile a quello di Leggende Pokémon: Arceus, ma estremamente più complicato dal fatto che quasi non esistono mosse con precisione del 100%, dal fatto che è fondamentale usare gli status alterati (tranne contro i boss perché sono quasi tutti immuni a ogni stato presente) e perché sono presenti non uno, ma ben due sistemi di debolezza e resistenza per il calcolo del danno.

Una modalità di lotta alternativa presente in Hacker’s Memory, in cui si devono “conquistare” quanti più quadrati possibili. Ma anche così, non cambia che il combat system sia pessimo.

Sì, perché tutti i Digimon possiedono un “Attributo” (Virus, Data, Antivirus, Libero) e anche un “Tipo” (Elettrico, Fuoco, Acqua, Luce, eccetera). L’Attributo contribuisce con un moltiplicatore al danno (con una relazione del tipo Virus > Data > Antivirus > Virus, con Libero senza moltiplicatore né in attacco né in difesa) e il Tipo che contribuisce con un altro moltiplicatore, questa volta inferiore. Le mosse utilizzate, quindi, saranno dell’Attributo del Digimon che la usa e del Tipo della mossa stessa. Sembra complicato, perché lo è.

Fortunatamente le lotte hanno anche un pulsante “Auto“, per cui il più delle volte mi sono limitato a premerlo e farla andare avanti. Per minuti interi. E minuti. E minuti. Perché alcuni boss sono letteralmente delle “HP sponge” che subiscono pochissimo danno, e quindi la lotta si trascina all’infinito.

Punti di forza

  • Creature abbastanza riconoscibili
  • Buona trama
  • L’interconnessione tra le due storie non è troppo forzata
  • Soprattutto in Hacker’s Memory, è abbastanza facile reperire Digimon di stadio evolutivo basso da allevare per ottenere quelli di stadi più avanzati
  • Ambientazioni del mondo reale molto ben fatte
  • Un buon cast di personaggi secondari

Punti di debolezza

  • Il combat system è veramente terribile
  • Certe boss battle durano davvero troppo
  • Se si ottengono alcuni dei Digimon più forti, il gioco diventa oggettivamente una passeggiata
  • Alcuni dei Digimon più forti hanno requisiti molto complessi da ottenere, anche troppo (tanto che nonostante sia possibile ottenerli partendo da più Digimon, normalmente è possibile ottenerli solo da una sola “via evolutiva”)
  • Gli ambienti del mondo digitale sono quasi sempre dei dungeon estremamente basilari, si salvano solo quelli per le quest principali


In conclusione, Digimon Story Cyber Sleuth è forse uno dei Pokécloni che può risultare più “familiare” per un fan di Pokémon nato prima degli anni Duemila. Non ho volutamente parlato del più recente Digimon Survive per due motivi: principalmente perché non lo ho ancora giocato, ma in secondo luogo perché, dai walk-through che ho guardato su Internet, sembra essere molto più rivolto al pubblico che gioca titoli come Shin Megami Tensei, con una forte componente anche di visual novel, che non per il pubblico appassionato di Monster Collectors “puri”.

Cosa ne pensate? Conoscevate questo titolo? O altri giochi della serie Digimon? Fateci sapere la vostra, come sempre nei commenti ai nostri canali social!