Il vostro partner ha un serio problema con l’alcool, da sempre. Quando eravate giovani era bello bersi qualche birra e poi scorrazzare per i paesini di campagna in sella ad un Malaguti Phantom con i tribali e magari qualche sticker per contraddistinguerlo (io ho il Crimson Omen di Gears of War, bellissimo). Era un’esperienza magnifica ma, appunto, erano altri tempi. Dopo qualche anno, tra una scorribanda e l’altra, si inizia a dormire fuori, senza dover tornare a casa la sera ubriachi in moto, con la paura di fare incidenti e che ti fermi la polizia. L’avventura, inoltre, non ha più lo stesso entusiasmo e la qualità dell’esperienza cala per forza di cose. Iniziate a prendere la patente, a viaggiare più tranquilli, senza che ci sia il bisogno di sorpassare tutti contromano ascoltando gli In Flames con gli auricolari. Scoprite però l’ebbrezza della tangenziale, una landa desolata nella quale si può sfrecciare liberi da posti di blocco, come su un’isola deserta. È così che le gare in macchina, ognuno nella propria, per quanto follemente pericolose, diventano qualcosa di magico, azzardato quanto retributivo da un punto di vista adrenalinico. Una volta il vostro partner vi propone una sfida: tu fai presente che non è il caso, adesso basta, davvero, avete vent’anni, non siete più fatti per queste cose; ma poi cedi, e ti dici Perché no? Salutiamo questa cattiva abitudine.
Come ogni addio che si rispetti questa cosa finisce malissimo: magari entrambi fate un incidente appena usciti dalla tangenziale e capite che la pacchia è finita, l’avete combinata grossa e siete vivi per miracolo. Basta. Per davvero. Due anni dopo, arriva la proposta che non ti aspetti: “andiamo in un’osteria sulle colline in bici, così mangiamo, ci ubriachiamo e poi non ci possono fermare”. È effettivamente una buona proposta e, questa volta, ti fidi. Ancora una volta il finale è tragico: nonostante l’idea di fondo sia corretta e ben sviluppata, lui/lei è talmente ubriaco che ad una curva cade dalla bicicletta e finisce in ospedale con la gamba rotta. E finisce forse peggio dell’ultima volta che avete voluto guidare un mezzo ubriachi. Ed è a questo punto, davvero, che dite basta.
Vi è piaciuta questa premessa? A me per niente, dato che è la parafrasi della mia esperienza con Pokémon.
“Non è un bug, è una feature”
A parlare di Pokémon Spada e Scudo e dei suoi problemi ci ha pensato il mio collega Alessandro e prima che leggiate seriamente questo articolo vi consiglio di rileggervi la sua opinione, che in maggior parte condivido. Come lui, anche io sono rimasto deluso dal titolo e ancor di più da questa prima parte dei contenuti aggiuntivi; non voglio fare il bastian contrario a tutti i costi, ma qui è davvero necessario spiegare bene come certe cose mi siano quasi sembrate non errori, quanto più delle prese in giro, recidive e poco rispettose. Quando ho spento la mia Nintendo Switch, a fine gioco, mi è venuto il dubbio che il DLC si chiami L’isola solitaria dell’armatura perché, se riesci a finire questo contenuto extra senza arrabbiarti, hai davvero costruito intorno a te una corazza talmente forte che nemmeno un altro ritorno a Kanto potrebbe farti male.
Ma proprio per dimostrare come la mia sia una critica sensata e argomentata, e non una becera lamentela gridata nei meandri senza fondo del web, andiamo con ordine e affrontiamo questo primo DLC dal suo inizio: ad accoglierci alla stazione dell’isola troviamo Savory (Sofora in Pokémon Spada), un personaggio la cui caratteristica principale è avere dei Pokémon piuttosto facili da sconfiggere. A prescindere dal livello che avrete raggiunto al momento in cui li sfiderete, infatti, Abra e Slowpoke di Galar della squadra avversaria manterranno le loro mosse iniziali: il primo avrà Confusione come unica mossa ed il secondo avrà in più Acido, tanto per aumentare la versatilità di questo incredibile moveset. Va beh dai, fa niente. Arriviamo al Dojo dell’isola dove subito ci vengono proposte tre prove, una più demoralizzante dell’altra: sconfiggere una manciata di Slowpoke, trovare dei funghi in una grotta e infine sfidare di nuovo Savory/Sofora, l’ennesimo personaggio che prova disperatamente ad essere più bravo di noi senza mai riuscirci e che, in questa lotta, aggiunge un potente Pokémon alla sua squadra, nel disperato tentativo di sopraffarci – Woobat. Ma come Woobat?
Anche l’outfit non è dei migliori: il pride month non ti giustifica a vestirti male.
Insomma: un primo incontro, quello con Savory/Sofora, particolarmente dimenticabile; in compenso a fine DLC sarà risfidabile giornalmente, e avrà a disposizione una squadra decente. Altro personaggio di punta di questo DLC è poi Mustard, il capo del Dojo, che parla come se fosse un ragazzino di dodici anni utilizzando termini quali “bella raga”, “top”, “fresco”, ecc. Se fossimo stati su Game Boy Color probabilmente avremmo avuto anche le parole abbreviate e avrebbero chiamato questo contenuto “Pokémon MSN”. Alla fine arriva il momento in cui il maestro ci affronta e noi accettiamo la sfida, non prima che… ci venga donato un Pokémon iniziale di Kanto. Perché? Non dovrebbe essere arrivato il momento di dire addio al magico trio Bulbasaur-Squirtle-Charmander? Non dovrebbe essere l’ora di dire basta a questi continui tributi ai famigerati, ormai insopportabili, primi 151?
Ma i regali non finiscono e dopo aver completato le tre sfide citate in precedenza Mustard ci regala Kubfu, un nuovo Pokémon di tipo Lotta, obbligandoci a renderlo nostro amico portandolo a vedere dei panorami dell’isola (…), salvo poi invitarci in una torre (in cui affronteremo Pokémon di tipo Buio o Acqua, sarà il giocatore a scegliere) in cui potremo far evolvere il nostro nuovo compagno.
Almeno Kubfu è un bel Pokémon, dai.
Dove eravamo rimasti? Ah sì, a quando, se stai affrontando il DLC dopo aver finito il gioco principale, devi allenare Kubfu fino al livello 70, obbligatoriamente, perché altrimenti non puoi affrontare la torre prescelta: questo perché si può accedere solo ed esclusivamente con Kubfu come unico Pokémon e gli allenatori avranno a disposizione Pokémon di livello superiore al 60; allenatori invidiabili e capaci, ci dicono, in gran numero, che però all’atto pratico verranno annientati senza molti problemi dalla mossa Zuffa. E per evitare che il gioco abbia anche solo un briciolo di difficoltà, all’inizio ci viene donato un ulteriore strumento che dà ancora più esperienza ai Pokémon: l’Esperienzamuleto. Se già negli ultimi titoli Pokémon la drastica diminuzione della difficoltà di gioco era stato un problema riscontrato in modo quasi unanime dalla fanbase (unaninimità, diciamocelo, più unica che rara), adesso siamo al culmine di questo processo, a quanto pare irreversibile e decisamente tremendo.
Sulla cima della torre troveremo il maestro Mustard, il quale, una volta sconfitto, farà evolvere il nostro mostriciattolo in Urshifu. Di una potenza davvero inaudita, questo orso guerriero verrà messo senza scrupoli nel box dei Pokémon troppo forti. Alla fine del DLC affrontiamo per la terza volta Savory ed il maestro del Dojo, questa volta in una sfida che si dimostrerà l’unica seria dell’espansione. Prima di concludere del tutto appare il nostro compare Hop, con cui andiamo a fare due rapide missioni che affossano ancor di più il morale del videogiocatore (dovremo riunire un Petilil e sua madre e trovare un Applin), fino a combattere un Vespiquen in un raid di poca importanza. Fine. Davvero, è finito qui.
Dai Mustard fai il serio, ce ne stiamo andando…
Ora che abbiamo rivisto velocemente la storia possiamo concentrarci su tutto ciò che la circonda. L’Isola dell’Armatura è una piccola isola il cui design sembra voler accatastare ogni ambiente possibile in uno spazio troppo piccolo: si passa dalla zona acquatica al deserto di dieci metri quadrati, che sembra messo lì giusto perché mancava solo quello; le isole minori attorno sono particolarmente ridondanti e noiose salvo ospitare alcuni oggetti unici, che però paiono messi lì a caso in nome della dea Esplorazione – quando, in realtà, la voglia di esplorare ti passa dopo due minuti; vengono inseriti tantissimi Pokémon che erano stati tagliati dal Pokédex Nazionale, ben distributi nei biomi dell’isola, quello sì, ma a causa della vicinanza delle varie aree si crea un’accozzaglia maldestra che impedisce al giocatore di godersi appieno i nuovi arrivi.
È commovente l’impegno con cui GAME FREAK si batta contro le proporzioni, la coerenza… e i giochi fatti bene.
Ma quindi che si fa sull’isola dell’Armatura? Si raccolgono funghi, si viene obbligati ad allenare un Pokémon fortissimo regalato, si fanno raid, si sprecano i propri watt per avere delle bibite e si fanno anche un sacco di altre cose dalla dubbia utilità, come trovare 151 Diglett di Alola sparsi per la mappa.
In una parola: deludente. I personaggi non reggono il confronto con i loro predecessori (anche limitandosi ai soli Pokémon Spada e Scudo l’accostamento è impietoso), la storia non sembra che un pretesto per muoversi in un ambiente di Terra selvaggia che avrebbe dovuto essere grande cinque volte tanto per non stuccare, con tutte le sue declinazioni climatiche (come ad Alola, quindi; ma lì almeno si ha a disposizione un intero arcipelago) e nemmeno le missioni sono particolarmente coinvolgenti. E tralasciamo grafica ed animazioni, che sono problematicità rilevanti già presenti nel gioco base.
Questo DLC non ha mai suscitato grandi aspettative in me, parliamoci chiaro, ma almeno era qualcosa di nuovo. Onestamente le terze versioni mi hanno sempre convinto abbastanza (tranne Pokémon Ultrasole e Ultraluna, perché personalmente ho odiato Alola) ma una ventata di novità non poteva far male. A meno che a generarla non fosse proprio GAME FREAK. Speranze e promesse mai mantenute che si tramutano in un’appendice semplicemente malpensata, deludente e dalla capacità d’intrattenimento pari a zero. Devo ancora sperare per Regieleki? E per Regidrago? E i raid con Giratina? Davvero si sono tenuti tutte le cose potenzialmente belle per la seconda parte del DLC? Vedremo, anche se come sempre devo constatare che per buona parte della fanbase, dal senso critico ormai regredito allo stadio larvale, Pokémon Spada e Scudo sono titoli perfettamente validi senza alcun problema e va tutto bene così. Tanti hanno avuto il coraggio di lamentarsi del Pokédex Nazionale e hanno preferito chiudere gli occhi davanti alle tante, grandi mancanze di un gioco che ne dimostra troppe per passare serenamente il test di gradimento del pubblico maturo; insomma, la sensazione è quella di avere tra le mani un gioco creato da quella che adesso, a voler essere cattivi, è difficile non definire una manica di poco competenti.
Come ho già ribadito prima, questo DLC mi ha deluso su tutta la linea ma nutro ancora qualche piccola speranza per il prossimo set di contenuti previsti; ormai ho acquistato il pass, e non ho intenzione di perdere l’occasione di vedere se GAME FREAK deluderà ancora le mie aspettative (che stavolta sono davvero bassissime) o riuscirà a stupirmi in qualche modo. Ci rivediamo quindi in inverno con la seconda parte del DLC, sperando che l’esplorazione delle Lande innevate mi porti molta più soddisfazione di questo senso di solitudine (quello sì) che, come da titolo, la prima parte di espansione mi ha trasmesso.
Sì ok tu sei cinturanera però io sono un ’97 con ben pochi interessi nella vita e non esattamente contento di respirare. Sfogo la mia rabbia repressa contro Alola e Hidetaka Miyazaki.