La recensione di Leggende Pokémon: Arceus, fatta con il cuore

L’annuncio di Leggende Pokémon: Arceus aveva creato in me delle aspettative finora inesplorate riguardanti la saga e il brand Pokémon in generale. L’impressione di poter vivere qualcosa di nuovo, ma che al tempo stesso ricalcasse il canovaccio ancora funzionante dei giochi della serie principale era una prospettiva intrigante e che, nonostante l’evidente arretratezza tecnica, poteva risultare in un gioco divertente e appassionante. Nel migliore dei casi, avrebbe potuto portare l’intera serie verso nuovi e sconfinati palcoscenici, cosa che era anche in parte una dichiarazione d’intenti fin dal primo trailer mostrato.

Arceus è divertente, ma definirlo bello è un rischio che la mia integrità morale, di giudizio e, soprattutto, il mio fanciullo interiore non mi permette di fare. È un gioco non in linea con i tempi che corrono e con la concorrenza, diretta e non, sia sulla stessa console che su altre piattaforme. GAME FREAK si è diretta verso l’unica cosa sensata che potessero fare con le loro competenze, accoppiata come già detto a un comparto tecnico estremamente scarso: creare un gameplay divertente e soprattutto assuefacente che incentrasse su di sé tutte le attenzioni.

“Amico, forse fare comunella con Satana non è stata la tua idea migliore.”

Ed è un peccato, perché gli spunti sono tanti e alcuni anche molto buoni. Già dal principio, dove il giocatore viene catapultato in un mondo sconosciuto ma nel quale riesce a destreggiarsi con grande maestria. Quel ragazzo o quella ragazza siamo noi, che giochiamo con i Pokémon da più di vent’anni e viviamo il “sogno” di trovarci in una realtà dove i Pokémon sono creature davvero esistenti. È la cosa più vicina ad avere delle creature mostruose fisicamente presenti nel nostro mondo almeno fino a quando si ingegneranno con gli ologrammi (o fino alla prossima guerra atomica…).

Siamo forse…i figli di Dio? (spoiler: papà ci ama ma poi vuole fare a botte)

I personaggi poi, tutti antenati di individui conosciuti in passato nei precedenti giochi Pokémon, tranne qualcuno che si è ritrovato catapultato dalla sua realtà senza neanche rendersi conto di averla lasciata. Sono delle chicche che strizzano l’occhio al giocatore fedele, che ha accompagnato il brand per tanti anni e che da esso è stato preso per mano in questo gioco dalle sue meccaniche inedite.

Andy è proprio come quel tuo zio ex capotreno di Trenitalia che incontri solo alle feste e che ha vaghi ricordi di un tempo passato, quando i treni arrivavano in orario.

Le meccaniche, appunto. La cattura veloce, con il personaggio in azione, ribalta non solo il concetto di cattura, ma anche di team building. I Pokémon catturati saranno talmente tanti (e sempre più forti, contando anche gli Alpha) che ci si affezionerà difficilmente a qualcuno di essi prima di una buona parte di gioco. I Pokémon sono raccontati non tanto come amici, quanto “carne da macello” da mandare addosso ai loro simili; solo noi siamo in grado di avere una squadra amorevole e obbediente al proprio possessore, ma pochissimi altri hanno capacità da vero Allenatore. Questo non è un dettaglio trascurabile, poiché rischia di escludere dal target di vendite i bambini più piccoli, che concepiscono i giochi Pokémon così come sono sempre arrivati ai loro occhi: mostriciattoli che si sparano raggi di colore diverso ma che alla sera staccano e vanno al bar a ubriacar…ehm, a bere latte e cioccolato ridendo e scherzando tutti insieme.

“Ma certo! Al GameStop ormai son quattro volte che lo scarico…”

Anche il combattimento è stato rivisitato e il risultato è positivo, seppur con alcune pecche. Bene l’appiattimento delle statistiche, che rende i livelli molto alti non più determinanti e le vittorie mai schiaccianti. Da rivedere però l’ordine di azione, che agisce secondo regole non così chiare e senza dei veri indicatori di velocità per la “preparazione” delle mosse. Ottima però l’introduzione del parco mosse per i Pokémon, scambiabili e potenziabili in qualsiasi momento, oltre all’esclusione di mosse considerate perlopiù inutili che snellisce di molto la scelta nell’apprendimento. In generale, i cambiamenti sono vincenti e rendono sia catture che combattimenti veloci, soddisfacenti e, soprattutto, assuefacenti.

Non sapevo che gli antenati di Cyrus fossero nella segreteria del Movimento 5Stelle.

I problemi di questo gioco cominciano però proprio partendo dai loro punti di forza. Non in quanto tali, ma perché ci si è fermati ad essi senza espandere e potenziare tutto ciò che c’era o che vi è stato costruito attorno. Prendiamo le lotte contro i Pokémon regali: sono interessanti e potenzialmente un “crack” nel gameplay, ma la loro realizzazione è pigra e menomata da una semplicità eccessiva una volta capito il pattern di movimento dell’avversario; in più, il lancio di Sferezen per calmare il regale è una trovata blanda e banale che non soddisfa.

“A Bambi, mica m’avevi detto quanto era fico tuo nonno! A te è rimasto giusto un bel paio di corna.”

Bisogna a questo punto parlare anche della grafica. In molti penseranno alla bruttezza delle animazioni o alla povertà di texture (chi ha pensato che le texture dell’acqua fossero accettabili meriterebbe l’arresto), ma è il più grande errore nel quale incappare parlando dell’aspetto visivo di questo gioco. Il problema della grafica non è la bruttezza in sé, ma il fatto che essa sia castrante dell’esperienza di gioco. Pensiamo ad esempio a un Pokémon in lontananza, magari volante o fluttuante come Magnezone o Gyarados: se si muove a 5 frame per secondo risulterà molto più difficile da catturare perché assai meno stabile nell’ambiente di gioco. Questo è importante in maniera ancora più marcata quando la distanza tra il giocatore e quel determinato Pokémon aumenta, poiché essi non vengono proprio renderizzati e spariscono se di un passo troppo lontani. Questo è un fattore inaccettabile ed è imbarazzante che un gioco sviluppato per milioni di giocatori veda la luce in questo modo.

“Madò, come sto”

Ma questo è il leitmotiv dell’intera opera. Leggende Pokémon: Arceus è un gioco pigro, come il suo team di sviluppo ci ha abituati a presentare le sue creazioni da ormai alcuni anni a questa parte. Pigro nella realizzazione tecnica, con modelli e texture da GameCube; pigro nelle meccaniche, interessanti ma spesso banali e sviluppate fino a un certo punto; sembra che manchi qualcosa, ed è una sensazione che si avverte sempre di più mentre si prosegue l’avventura. Ed è un gioco pigro perché la trama, purtroppo, rappresenta la parte forse più dolente.

Spero che siano state versate le giuste royalties ai Led Zeppelin.

Un gioco sviluppato basandosi sulle informazioni dateci in Pokémon Diamante, Perla e Platino deve essere risolutivo e chiarificatore, dopo tanti anni di teorie e sforzi dei fan più accorati alla causa. Invece riesce nell’impresa non solo di non dare quasi nessuna risposta, ma di dare altre domande che non vedranno di sicuro mai una soluzione. Chi è l’antico Eroe che salvò il mondo in passato? Perché solo questo mondo è in pericolo e perché Arceus ha chiamato noi per salvarlo? Chi è Noesis e perché sa tutto ciò che ci spiega guidandoci alla cattura delle Forze della Natura? Prima abbiamo detto che ci sono delle chicche pensate appositamente per il fan che si aspetta dei chiari rimandi ai giochi precedenti; bene, quei dettagli fanno piacere, ma si fermano lì e non espandono le conoscenze del giocatore. Leggende Pokémon: Arceus è un gioco che sulla carta doveva risolvere, ma nei fatti ha deluso la sete di conoscenza di chi aspettava dal 2007 qualcosa di più che una trama ancora dannatamente troppo bambinesca. Alla fine dei conti sappiamo solo che il tempio sul Monte Corona è stato distrutto da Dialga/Palkia in collera. E basta. Un po’ pochino.

“Signora, capisco che si porti molto bene la sua veneranda età, ma fossi in lei una capatina dall’ottico del Villaggio Giubilo la farei lo stesso.”

La battaglia contro Ethelo è il vero punto di forza di questo titolo. È il punto di partenza dal quale procedere per la serie Leggende. Per uscirne vincenti serve strategia, impegno, tattica. E la seconda fase di Giratina che parte con la sua musica nel Mondo Distorto di Platino è eccitante, esaltante, da pelle d’oca. E tutto ciò non fa che aumentare i rimpianti verso qualcosa che poteva essere e che, forse, non ci sarà mai.

“Ehi, ma quel tizio… con la Rossocatena… ho un déjà vu”

Per questo è impossibile definire Leggende Pokémon: Arceus come una ventata d’aria fresca. Abbiamo altri titoli, di altre serie videoludiche che rinnovano davvero e con entusiasmo; Arceus è un profumo costoso che copre una puzza d’ascelle parecchio fastidiosa. Non è ingiocabile (per quanto su questo punto rischi enormemente date le falle tecniche) né noioso, anzi è molto “catchy” e riesce a divertire e intrattenere. Ma non è sufficiente, non a questo titolo, non per ciò che ci era stato promesso. E comincia davvero a essere stancante paragonare Pokémon al suo passato.

Cosa ne pensate? Siete d’accordo con questo punto di vista su Leggende Pokémon: Arceus? E quanta innovazione dovremo aspettarci da Pokémon Scarlatto e Violetto? Fateci sapere la vostra, come sempre, nei commenti ai nostri canali social!

1 thought on “La recensione di Leggende Pokémon: Arceus, fatta con il cuore

  1. Ottima recensione a colpito pienamente la mia esperienza di gioco gratificante ma non troppo

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