Colonne sonore da non perdere, vol. 2

Sono sempre stato un grande appassionato di musica, cosa che mi ha spinto nel corso della mia vita videoludica ad appassionarmi sempre molto alle colonne sonore e all’ambiente musicale nel quale un videogioco si sviluppa. In questa rubrica presenterò, ogni primo giorno del mese, dieci pezzi musicali dal mondo videoludico che potreste aver perso e che ritengo dobbiate recuperare al più presto. Tengo a fare tre precisazioni:

  • i brani che elencherò potranno, ovviamente, essere fruiti anche singolarmente ma invito tutti a lettori a giocare il gioco in questione ed ascoltarne anche le colonna sonore per intero;
  • non è una classifica: i numeri avranno uno scopo puramente indicativo;
  • CONTIENE SPOILER.

Infine, vi ricordo che potete trovare il primo episodio della nostra rubrica Colonne sonore da non perdere qui.

Detto questo, bando alle ciance e cominciamo.

Di tanto in tanto succedono cose strane come questa.

1. Dolphin Shoals – Mario Kart 8 (Nintendo EAD, 2014)

Mario Kart 8, specialmente la versione Deluxe per Nintendo Switch, non ha ancora smesso di vendere e continua a scalare tutte le classifiche. Il motivo? Questa colonna sonora. No, non è vero, sto scherzando, ci sono un sacco di motivi: sicuramente la gente non compra 70€ di gioco per un brano che trova tranquillamente su YouTube. In ogni caso in questo brano, piuttosto classico se consideriamo il parco audio del brand, c’è una cosa che lo contraddistingue: un assolo di sassofono. Meglio conosciuto sul web come Mario Kart Lick, questa parte del pezzo è caratteristica perché lo strumento sembra andare verso la conclusione del suo protagonismo salvo poi risollevarsi e aggiungere un pezzo non una volta ma addirittura due, per poi scoppiare nell’assolo definitivo che, una volta terminato, permette al brano di riassestarsi sui suoi passi. Alla fine si riduce tutto, ancora una volta, alla famosa frase del filosofo tedesco Immanuel Kant che, nel capitolo conclusivo della Critica della Ragion Pura, affermò: “bello o brutto se è jazz va bene tutto”. Era lui, no?

È più forte di me, ogni volta che sento una tromba od un sassofono in un videogioco penso ad Hoenn.

2. Silph Co. – Pokémon Rosso & Blu (GAME FREAK, 1996)

Ho deciso che in ogni episodio di questa rubrica a tema colonne sonore un pezzo sarà preso da un gioco Pokémon e, in questo caso, andiamo a Kanto, più precisamente a Zafferanopoli. La Silph SPA, covo del Team Rocket, ha una delle colonne sonore più complesse di tutta la saga e penso che non abbia mai avuto il giusto apprezzamento da parte del pubblico, che ha sempre preferito invece le atmosfere di Lavandonia o delle più agguerrite battaglie contro gli allenatori. La sede centrale della grande azienda, invece, riesce a regalare delle gioie musicali non indifferenti. Parte come un pezzo creepy ma poi l’accompagnamento sembra perdersi e lasciar spazio alla parte solista, che cambia subito velocità ed accelera inaspettatamente. Sembrerebbe la musica di uno scontro ma poi, ancora, la traccia cambia: la parte ritmica viene recuperata e questa volta l’assolo parte davvero, trasformandosi in un breve loop diretto verso le note più alte, per poi concludersi in uno scambio di accenti da un’ottava all’altra. Il tutto in un minuto. Un pezzo davvero di notevole fattura, considerando la quantità di elementi inseriti in così poco tempo.

Nel 1996 noi italiani venivamo rappresentati nel mondo videoludico da Giovanni, sostanzialmente un mafioso. Oggi, nel 2021, non è cambiato niente.

3. The Last of Us Part II – The Last of Us Part II (Naughty Dog, 2020)

Ci sono eventi che fanno seriamente male al mondo videoludico ed uno di questi è stato The Last of Us Part II. Il problema, però, non è mai stato il gioco bensì il suo pubblico. Il sequel del famigerato The Last of Us (2013) è un titolo gigantesco e, trattandosi di un gioco particolarmente umano ed emotivo, segue delle precise scelte di sceneggiatura che hanno fatto collidere ambizioni, aspettative e realtà. Il titolo di Naughty Dog introduce temi difficilissimi, come l’appartenenza ad un genere sessuale, la religione, la follia, la vendetta, l’omosessualità. Ogni cosa in The Last of Us Part II è sul punto di scoppiare, pronta a dar le spalle all’industria videoludica e ai suoi stereotipi, decisa a voler cambiare qualcosa per davvero. Questo titolo è stato (e sarà sempre) il faro di un lungo processo volto a destabilizzare i giocatori stessi, pronto ad illuminare la strada per un nuovo mondo (videoludico e non). Le critiche a questo gioco vengono perlopiù da un pubblico maschilista che desidera vedere le donne sempre bellissime, un’audience che non accetta che un videogioco persegua degli ideali così (assurdamente) controversi nel mondo reale e che di fatto ha generato imbarazzanti crociate di odio sotto ogni post riguardante quest’opera, tanto da dover costringere spesso gli autori a dover mutare la sezione commenti. Perché vi dico questo, se stiamo parlando di colonne sonore? Perché non c’è molto da dire su questo brano. Chi sa, sa. Chi ha giocato questo capolavoro probabilmente avrà ancora la pelle d’oca a sentire questo brano così “normale”, così mediocre, così poco sperimentale. Così poco coinvolgente all’apparenza ma che, al termine dell’avventura, acquisirà automaticamente delle tonalità simili al buio totale. Quando, pad alla mano, seduti sulla spiaggia di una baia in California in preda ad un delirio, vedrete sparire tutto e sentirete queste note, a cui inizialmente non avevate dato troppo peso, sentirete il peso del vuoto.

“You know you’re a musician when you see a banjo as a potentially dark instrument” (commento su Youtube di Mikey F)

4. Pontiff Sulyvahn – Dark Souls III (From Software, 2016)

La scorsa volta ho messo un pezzo di Bloodborne, questa volta ne metto uno di Dark Souls. Nello specifico, Dark Souls III e Bloobdorne hanno molte cose in comune, dal gameplay ad appunto la musica. È difficile trovare brani di boss che, come Ludwig, non partano in sordina per poi dar sfoggio di tutta la loro epicità nascosta nella seconda o terza fase della battaglia. Nella lore di quest’universo narrativo, Sulyvahn è una persona davvero orribile e non sembra abbia un limite di crudeltà. Essendo il Gran Sacerdote della Valle Boreale e della sua capitale Irythill, la prima metà del brano è un ascolto molto pacato, dai tratti quasi liturgici grazie all’ausilio dei violini e soprattutto delle voci che, utilizzate come leggero sottofondo, danno quasi l’impressione di essere a messa. Poi, ovviamente, il lato oscuro di questo personaggio viene rivelato nella sua interezza (più o meno, dato che nei giochi di From Software non si capisce mai niente) e i cori si stagliano quasi verso il cielo, come a testimoniare il passaggio da sacerdote ad angelo (o demone?), mentre nel gioco il boss in questione crea un clone oscuro di se stesso che non ha nessun interesse a risparmiarti la vita. Un grande scontro con un grande accompagnamento sonoro.

La verità è che ho messo un altro brano uscito dagli studi di From Software perché non so più come aspettare Elden Ring.

5. Dire, Dire Docks – Super Mario 64 (Nintendo EAD, 1996)

Super Mario 64 è uno dei giochi più importanti della storia del medium e non a caso è stato riproposto in tantissime salse nel corso degli anni e Dire, Dire Docks è uno dei suoi pezzi più celebri. Incredibilmente immersivo (letteralmente) ci accompagna in un livello subacqueo sicuramente più tranquillo di quelli di Super Mario Bros.: particolarmente rilassante ed ideale per un po’ di esplorazione in santa pace, a metà del brano si inizia a sentire un soffuso pattern di batteria che piano piano si amalgama perfettamente alla melodia principale, trasformando quella che prima sembrava una ninna nanna in un prodotto più ritmicamente sostenuto ed avvincente, evitando di diventare uno di quei classici livelli che alla terza volta che li fai sei costretto a mutare il volume perché non riesci più a sentire sempre la stessa cosa. Dire, Dire Docks in questo riesce molto bene, facilitando l’ascolto iniziale con una melodia molto chill per poi assestarsi su una sua forza musicale propria che non scade nella ripetitività. 

P.S.: ringrazio il mio amico Paolo per il suggerimento.

Anche oggi, a distanza di 25 anni, Super Mario 64 è un gioco divertentissimo.

6. Gerudo Valley – The Legend of Zelda: Ocarina of Time (Nintendo EAD, 1998)

Quando la mappa prevede un deserto, i compositori di colonne sonore sembra abbiano solo tre scelte: ambient, musica arabeggiante e flamenco. Nel caso di The Legend of Zelda: Ocarina of Time la scelta è ricaduta sulla terza, dando un senso quasi melanconico a questa desolata landa nella parte settentrionale di Hyrule. Allo stesso tempo, però, è come se sentissimo una terra più viva che mai e, nella nostra mente, udiamo quasi da soli vari suoni da realtà diverse: nitriti dei cavalli, “¡hola gringo!“, “que pasa?”, per quest’ispirazione quasi western che è impossibile far da parte. Con questa musica, non si può che pensare che ci sia qualcosa di più oltre a quel che possiamo vedere: una terra arida, desolata, vastissima, regno incontrastato delle fiere guerriere Gerudo, di cui ancora il giocatore non sa quasi nulla e che gli vengono presentate ora come ladre e criminali, ora come valide alleate. Il brano in questione è incredibilmente suggestivo anche senza la sua controparte ludica, e, catturando da subito la sua attenzione, permette all’ascoltatore di dare alla vallata e alla sue abitanti la rilevanza e lo spessore che meritano. Con questa colonna sonora, nonostante la regione sia sostanzialmente spoglia e pressoché priva di vita, forse forse non sarebbe così male perdersi tra le sue dune e le sue tempeste di sabbia.

Le trombe che ricalcano il suono della chitarra aggiungono un importante senso di regalità a quella che è, a detta di molti, è una delle migliori colonne sonore di sempre.

7. Valve Theme – Half-Life (Valve Software, 1998)

Nonostante in questa rubrica a tema colonne sonore ci siano tanti altri titoli importantissimi ed indiscutibilmente cardini dei loro generi, probabilmente quello che è stato Half-Life per gli sparatutto in prima persona è il più grande passo avanti nella storia di un genere videoludico. Nel 1998, pochi anni dopo la vera e propria nascita degli FPS (Wolfenstein 3D è uscito nel 1992, DOOM nel 1993), Valve pubblica un gioco che per sceneggiatura, ambientazione e varietà supera tutt’ora i giochi attuali: gli alieni e lo spazio (con tanto di viaggio nello Xen) che invadono il mondo reale, l’esercito che vuole insabbiare tutto, il Progetto Lambda, il teletrasporto, il mistero dell’uomo con la valigetta… è tutto incredibilmente avanti per quei tempi e, ripeto, perfettamente funzionale anche oggi. In questo brano si riesce a cogliere tutta l’essenza di questo gioiello dell’industria: un costante senso di pericolo derivante da questi suoni distorti che ricordano i versi degli extraterrestri, il basso padrone della melodia che sembra volerci accompagnare in un futuro tutt’altro che radioso (un po’ dark ambient), il ritmo e le sonorità quasi trip hop che lasciano l’attenzione sempre su una soglia molto alta, ideale per concentrarsi durante l’avventura. Basta un niente per sentirsi Gordon Freeman all’esplorazione della sede di Black Mesa. E quel niente si chiama Valve Theme (in Half-Life 2 la stessa traccia viene rinominata Hazardous Environments, perché giustamente il titolo originale era un po’ bruttino).

Fatevi un favore: giocate ad Half-Life.

8. San Andreas Theme Song – Grand Theft Auto: San Andreas (Rockstar North, 2007)

Un gioco incredibilmente violento, ovviamente PEGI 18, ma al contempo uno dei giochi dell’infanzia per eccellenza: è questo il paradosso di Grand Theft Auto: San Andreas, giocatissimo sia dai ragazzini delle scuole medie (anche fine elementari in realtà) che dagli adolescenti del liceo. Un universo narrativo pieno di crimini, malavita, omicidi, furti e chi più ne ha più ne metta, non poteva non avere un tema diverso da questo. Nonostante (per fortuna) il genere si sia evoluto nel corso del tempo, questo brano strumentale hip hop è perfetto per riassumere e stereotipare questo gioco. Il beat è talmente vecchia scuola che se fosse stato in un disco di Dr. Dre non se ne sarebbe stupito nessuno: i synth, passati alla storia e campionati da tantissimi artisti di questi anni Dieci appena conclusisi, trasportano l’ascoltatore in una grande città degli anni ’90 in cui, nel mondo reale, imperversava la scena della West Coast, i cui massimi esponenti provenivano dai ghetti delle metropoli e riversavano il loro odio verso lo Stato e la polizia nei loro testi (questa canzone è l’esempio più lampante possibile). Insomma, un tema semplicissimo ma incredibilmente adatto alla situazione.

Torni da scuola, fai merenda, accendi la PlayStation 2 ed è subito “All we had to do, was follow the damn train, CJ!”. Bei tempi.

9. Leave Her Johnny – Assassin’s Creed IV: Black Flag (Ubisoft Montreal, 2013)

Dopo il successo ottenuto con la trilogia di Ezio, Ubisoft concluse il ciclo di Desmond Miles con Assassin’s Creed III, il quale si rivelò un fallimento su più fronti. Assassin’s Creed IV: Black Flag, invece, fu forse l’ultimo titolo della saga accettabile prima che il franchise sprofondasse in un abisso di anonima mediocrità (se non peggio) con titoli come Assassin’s Creed Rogue, Assassin’s Creed Unity ed Assassin’s Creed Syndicate. Nel quarto capitolo la grande novità è composta dalla possibilità di navigare in lungo ed in largo, cacciare animali marini ed intraprendere battaglie navali. Ed i passatempi preferiti dei marinai, quando non c’è da battagliare, cacciare o combattere le onde, è bere e cantare: Leave Her Johnny è solo uno dei tantissimi canti marinareschi presenti nel gioco ma, probabilmente, è il mio preferito. Non c’è un vero motivo, forse la tristezza dell’addio di cui parla il testo, forse perché potrebbe essere lo svolgimento di una serata con i miei amici, ma alla fine sono “solo” un gruppo di bucanieri ubriachi che cantano. Non c’è molto da dire, ascoltatela e sentitevi un po’ più pirati di prima.

Fun fact: non ho mai finito questo gioco perché mi si corruppero i dati di gioco alla terzultima missione e non ho mai avuto voglia di rigiocarlo.

10. Decisive Battle! – Dragon Ball Z: I Leggendari Super Guerrieri (Flight-Plan, 2002)

Tra i numerosissimi videogiochi di Dragon Ball questo è forse uno dei meno conosciuti, forse perché non ha attirato molto l’idea di un gioco a turni, figuriamoci di carte. Sta di fatto che io e mio fratello da piccoli ci giocavamo tantissimo sul nostro Game Boy Color e tutt’oggi ci dà grandi emozioni ricordarlo. Nella battaglia finale contro Kid Bu (chiamato Buu), viene dato sfoggio anche delle capacità compositive dello staff musicale che, per l’evento, si cimenta in un brano un brano dalle venature progressive metal: metteteci un tempo dispari, qualche accento strano e potreste avere un brano degli Animals as Leaders (con le dovute proporzioni, chiaramente). Il basso incessante dà il cambio solo a degli sweep pick della chitarra, che poi si dedica ad una parte più melodica ma comunque poco lineare, enfatizzando quindi la componente “alternativa” del pezzo.

Quando ero piccolo, e di conseguenza non capivo niente, la mia carta preferita era Darbula perché, se utilizzata, uccideva in un colpo l’avversario. Ovviamente aveva una possibilità bassissima di andare a segno ma a me piaceva crederci. Infatti perdevo sempre.

Il secondo episodio di questa rubrica finisce qui. Cosa ne pensate? Vi è piaciuto? Quanti di questi brani e colonne sonore conoscevate già? Fateci sapere tutto nei commenti. Ah già, quasi dimenticavo: da oggi potete trovare su Spotify la playlist Johto World, nella quale aggiungerò volta per volta tutte le colonne sonore che discuterò con voi (solo le versioni originali, se un brano non c’è pazienza). Seguiteci anche su Facebook, Instagram e Telegram!