C’è un argomento che, ve lo dico in confidenza, non amo già più affrontare. Mi riferisco a Pokémon: Let’s Go, Pikachu! & Let’s Go, Eevee!, le nuove avventure Pokémon in arrivo per Nintendo Switch dal 17 novembre 2018. Un articolo in cui approfondisco le mie idee su quanto abbiamo visto ad oggi sui giochi è già stato scritto, al quale vi rimando per ogni evenienza. Un argomento che affronto con riluttanza, dicevo, perché per il momento poco c’è da dire e tutto si è detto, in una battaglia di estremismi divenuta subito sterile.
Questa volta però voglio raccontarvi la mia esperienza con la demo di Let’s Go, che ho potuto provare in anteprima a un evento a porte chiuse tenutosi la scorsa settimana a Milano.
Alti e bassi
La demo in questione era abbastanza simile a quella mostrata all’E3 2018, oserei dire identica. Una passeggiata nel Bosco Smeraldo per cominciare a prendere la mano coi comandi, con la Poké Ball Plus (la famosa periferica) e l’interfaccia di gioco. Poco più di uno stuzzichino, ma sufficiente a fornire una panoramica ben precisa di quello che il gioco può offrire.
L’impatto visivo, anche dal vivo, non è esaltante, ed è purtroppo qualcosa su cui poco si può girare attorno. Se è indubbio che Game Freak abbia compiuto una scelta ben precisa sul fronte grafico, cercando di omaggiare giochi storici, è altrettanto indubbio che questo approccio su Switch lascia insoddisfatti. Lascia insoddisfatto me, possessore di Switch e di giochi deliziosi da guardare (i soliti Zelda, Mario Odyssey, ARMS), lascia insoddisfatto anche parecchi sostenitori della filosofia per cui “la grafica non è tutto“. Una linea di pensiero sacrosanta, che però si perdona meno alla software house che ha dato vita al franchise più remunerativo della storia, e che può contare su mezzi alla portata di pochissimi.
A dare un ulteriore senso di ristrettezze ci pensa l’interfaccia delle battaglie: gli sfondi dello scenario risultano piatti, poco più di un’evoluzione di quelli visti nei giochi per Nintendo 3DS. L’abbandono del touch screen è però indolore, confermando che Pokémon rimane titolo godibilissimo anche su un solo schermo. L’impossibilità di affrontare in battaglia i mostriciattoli selvatici resta una pecca bistrattata a sufficienza: mi limito ad aggiungere che la gestione delle schermate della borsa e del menù durante la battaglia è fluida e in linea con quanto sperimentato nelle generazioni precedenti, senza stravolgimenti di sorta. L’aggiunta più importante è quella delle bacche, che per i veterani ricorderà il meccanismo della Zona Safari e per gli appassionati di Pokémon GO la meccanica omologa presente nell’app: più bacche lanciamo, più sarà facilitata la cattura, e ogni frutto ha le sue abilità specifiche.
Non cambia solo il modo di affrontare i Pokémon selvatici, ma anche come li si incontra: saranno sparpagliati per la mappa. Dal vivo la reazione è ibrida: da una parte è un pregevole tocco di realismo quello offerto da tanti animali visibili nel loro habitat, proprio come nel nostro mondo, dall’altro è evidente la sensazione che questi animali si stanno muovendo in uno scenario che non è stato pensato per ospitarli. Detto in altre parole, la mappa di Pokémon Rosso e Blu si basava sul fatto che gli incontri coi Pokémon erano casuali nell’erba alta, permettendo così di comprimere le dimensioni in un mondo puramente astratto, nel quale dieci condomini fanno una metropoli. La presenza di tanti mostriciattoli crea una sorta di dissonanza, perlomeno in uno spazio ristretto come quello del Bosco Smeraldo: percorsi più aperti, come quelli attorno ad Arancipoli, potranno dare una sensazione completamente diversa. Va comunque segnalato che nel corso della demo apparivano più Pokémon del previsto, per aumentare l’interattività.
Agganciandomi a questo discorso non posso fare a meno di aggiungere qualcosa che ho pensato provando la demo: la perdita degli incontri casuali modifica l’esperienza di gioco molto più di quanto pensassi. Un elemento chiave di Pokémon, almeno fino a Ultrasole e Ultraluna, era la “lotteria” a cui partecipavamo ogni volta che si entrava nell’erba alta: chi comparirà? Un Pidgey? Un Pokémon shiny? Suicune?
Rinunciare a questo terno al lotto non mi causa grandi dispiaceri. Agevola l’esperienza di gioco, permettendo di trovare subito ciò che ci interessa e sapendo perfino da subito se un mostriciattolo selvatico sarà di dimensioni più grandi (circondato da un’aura rossa) o più piccole rispetto alla media (aura blu). Rimane però il fatto che è un cambiamento radicale dell’approccio alla materia Pokémon, togliendo per alcuni il brivido della scoperta -o semplicemente anticipandolo-.
Tra le chicche miscellanee: i Pokémon cromatici sono visibili coi loro colori già nella mappa, i Pokémon selvatici non spariscono (e nemmeno respawnano) dopo lo scontro con un allenatore, le code di Pikachu e Eevee indicano la presenza di strumenti nascosti, la Poké Ball Plus emette il verso a 8 bit dei Pokémon una volta catturati, i tipi dei Pokémon avranno ciascuno la propria icona ripresa da Pokémon GO.
Per concludere due parole sulla periferica, la Poké Ball Plus. Durante l’evento era l’unico controller disponibile per giocare Let’s Go, risultando leggero ma solido, facile da stringere con le cinque dita. Di contro si è dimostrata piuttosto imprecisa nei momenti di cattura, andando spesso in direzioni completamente diverse da quelle indicate da me; la funzione del tasto A, riproducibile cliccando il piccolo stick al centro della Ball, grazie al quale è possibile spostarsi, mi ha richiesto spesso più di un paio di tentativi. Problemi che mi auguro essere limitati alla copia che avevano in uso, soprattutto dato il prezzo di cui si parla: 50€ su Amazon. Stando però ai resoconti della stampa estera che l’ha provata a Los Angeles, i disagi lamentati sono gli stessi.
Limitazione, PP: 35
Poco fa ho usato una parola ben precisa: “ristrettezze”. Testato con mano Pokémon Let’s Go, per quanto fosse una demo a sei mesi dall’uscita, ho avuto una conferma della sensazione provata fin dall’annuncio, ossia che nella lavorazione di questi giochi Game Freak ha avuto un grande ostacolo chiamato tempistiche. Un titolo principale di Pokémon da sviluppare entro il 2018, un’ottava generazione all’altezza delle aspettative dei fan, un tesoro inestimabile da sfruttare nei milioni e milioni di persone che giocano e hanno giocato a Pokémon GO. Tre motivazioni, solo le principali, che mi impediscono di provare una qualsiasi forma di risentimento, in quanto veterano, nei confronti di Masuda & company: Pokémon Let’s Go è un gioco costretto a esistere dalle circostanze, e chi di dovere sta cercando come può di salvare capra e cavoli.
Ci riusciranno? La risposta definitiva arriverà a novembre di quest’anno. Per adesso sappiamo tutto quello che c’è da sapere, e ciascuno di noi ha il diritto di formare la propria opinione.
La mia, soprattutto dopo aver provato con mano Let’s Go, è questa. Il resto, caro lettore, tocca a te.
Sogna un corso universitario per scrivere biografie sagaci in tre righe. Creatore di Johto World, segue Pokémon dal suo arrivo in Italia nel 1999. Ne ha scritto e parlato così tanto negli ultimi due decenni che un sito come questo era una conseguenza inevitabile. Amante di Nintendo in generale, parla spesso di tutt’altro.