Colonne sonore da non perdere, vol. 4

Sono sempre stato un grande appassionato di musica, cosa che mi ha spinto nel corso della mia vita videoludica ad appassionarmi sempre molto alle colonne sonore e all’ambiente musicale nel quale un videogioco si sviluppa. In questa rubrica presenterò, ogni primo giorno del mese, dieci pezzi musicali dal mondo videoludico che potreste aver perso e che ritengo dobbiate recuperare al più presto. Tengo a fare tre precisazioni:

  • i brani che elencherò potranno, ovviamente, essere fruiti anche singolarmente ma invito tutti a lettori a giocare il gioco in questione ed ascoltarne anche le colonna sonore per intero;
  • non è una classifica: i numeri avranno uno scopo puramente indicativo;
  • CONTIENE SPOILER.

Infine, vi ricordo che potete trovare il primo episodio della nostra rubrica Colonne sonore da non perdere qui, il secondo qui e il terzo qui.

Detto questo, bando alle ciance e cominciamo.

Dietro ad ogni colonna sonora, anche la più basilare, c’è sempre un grande studio.

1. Arete I – Duet (Kumobius, 2013)

L’altra volta vi ho parlato di Super Hexagon, oggi vi parlo di Duet. Il gioco in questione fa sempre parte di quei giochi particolarissimi usciti per telefono nei primi anni degli anni Dieci: a differenza di Super Hexagon, però, questo è molto rilassante. Prova anche a dare un messaggio al giocatore, cerca di mettere la sua firma nonostante sia un piccolissimo progetto mobile che ormai ci pare anteguerra (in meno di dieci anni siamo passati da Temple Run a Genshin Impact, per dire). Tutta la colonna sonora di Duet prende il ramo della techno e della deep house ma Arete I, per i miei gusti, ha qualcosa in più: partendo lenta e soffusa, ha tutto il tempo di trovare la sua forma man mano e di evolvere in un brano più staccato dagli altri, caratterizzato da suoni meno tradizionali per una situazione come quella di un gioco mobile da mezzora al massimo.

Vi consiglio fortemente di giocare Duet: non è un capolavoro, è un piccolo giochino per telefono, però è gratuito, corto e soddisfacente. E se in seconda superiore mi girava sul Samsung S2, nel 2021 gira pure sui tostapane.

2. Breaking the Covenant – Halo 2 Anniversary (343 Industries, 2014)

Se nel 2014 eri un ragazzino (come me) che ascoltava metal (come me) non potevi non conoscere i Periphery, il djent e i meme sullo 0-0-0-0, Prog Snob e compagnia cantante. Caso voglia che, oltre a diventare famosissima, la band di Bethesda (che è non ironicamente una cittadina del Maryland) venne chiamata per rimpiazzare il brano Blow Me Away dei Breaking Benjamin, poiché per Halo 2 Anniversary, remastered di Halo 2 per festeggiarne il decennale, non avevano più i diritti del brano. Fu così che Misha Mansoor, chitarrista del gruppo e soprattutto grandissimo appassionato di videogiochi, tirò fuori questa bomba a mano da inserire nel gioco. Adesso, parlandoci chiaramente, se preferite Blow Me Away è perché quasi sicuramente siete nostalgici. I Breaking Benjamin sono un gruppo standard degli anni 2000 che nessuno si ricorderà e che hanno seguito la strada di quel metà rock metà metal che andava tanto di moda in quegli anni, salvo poi spegnersi e, di fatti, sparire dalla scena. Con questo non sto né criticando la band in questione né chi la ascolta (i gusti sono gusti) ma è mio dovere mettere le cose in chiaro e ricordarvi che Breaking the Covenant è una spanna oltre da tutti i punti di vista, dalla scrittura alla produzione, nonostante la sua semplicità. Lungi da me difendere il djent: in prima liceo ascoltavo i Periphery tutto il giorno, è vero, ma adesso ho 24 anni e ascolto cLOUDDEAD e, soprattutto, quando è uscito questo gioco il djent era già un errore giovanile. Detto ciò, penso che Halo 2 Anniversary sia un grandissimo esempio di come vadano svecchiati i giochi e di come debbano essere fatte le remastered.

Xbox One non ha venduto molto ma, se ne siete in possesso o avete un buon PC, non fatevi sfuggire la Master Chief Collection (il gioco non è venduto separatamente).

3. Legendary Pokémon Battle – Pokémon Bianco & Pokémon Nero (GAME FREAK, 2011)

La quinta generazione di Pokémon è stata indubbiamente una delle più discusse e quasi sicuramente la più controversa. C’è chi la ama e chi la odia, chi adora il suo Pokédex e chi lo detesta, chi rimpiange la complessità di Sinnoh e chi apprezza la linearità di Unima. Ciò che invece non può essere contestato, per dirla come direbbe il web, è che “gen 5 really hits hard”. Sin dalla prima battaglia si percepisce un consolidamento del percorso iniziato con Pokémon Diamante, Perla e Platino, una ricerca di suoni improntati molto più verso la drum & bass e la frenesia contrapposta in maniera alquanto drastica alla piacevole compagnia delle colonne sonore delle regioni precedenti, in particolare Johto. La OST dei Pokémon leggendari è probabilmente la più celebre perché riassume senza nessun indugio cosa prevede la musica appartenente alla quinta generazione: velocità, caos, pericolo ed esplosività. Il pezzo in questione rallenta, ricomincia più veloce di prima, aggiunge melodie fuorvianti per poi esplodere di botto con altre rapide e taglienti. L’unica pausa proposta dai compositori è un intermezzo in cui in ogni caso i bassi tengono i quattro quarti con una veemenza stordente, che quindi tanto pausa non è. Unima, nel bene e nel male, è stata una regione che si è spinta oltre e che ha avuto tanto coraggio da vendere: un’ultima dimostrazione di forza prima di capitolare nel buio, forse per sempre.

Le possibilità per questo episodio di Colonne sonore da non perdere erano tante: Libecciopoli, Unwavering Emotions, il battle theme del Team Plasma… quello dei leggendari, però, è unico nel suo genere. 

4. Finally a Tomorrow – Gears of War 3 (Epic Games, 2011)

Se oggi dovessi chiedere ad un ragazzo che cosa sia Epic Games, mi risponderebbe senza ombra di dubbio qualcosa relativo a Fortnite. I giocatori di vecchia data, invece, sanno bene che, prima dell’uragano su scala mondiale causato da questo free to play del 2017, questo team di sviluppo era famoso per altri titoli quali Unreal Tournament, Bulletstorm e, soprattutto, Gears of War. Questa saga, assieme a quella di Halo, ha permesso quasi da sola di tenere testa al colosso giapponese Sony durante le vendite di PlayStation 3, che vantava molte più esclusive… ma non Gears of War. Il lancer, le locuste, Mad World, i fratelli Carmine, il Berserker, la modalità Orda,  sono diventati subito incredibilmente iconici nell’ambiente videoludico e hanno portato Epic Games sul tetto del mondo senza nemmeno che ve ne accorgeste. Con Gears of War: Judgement (ultimo titolo della saga sviluppato da Epic Games) e Gears of War 4 il franchise ha perso molta qualità e molto affetto da parte dei fan più affezionati, salvo riacquistare fama con Gears 5 che, grazie ad un’impostazione più moderna con costanti aggiornamenti e variazioni, ha ottenuto un buon successo e tutt’oggi è ancora molto giocato anche da chi non ha mai seguito la storia. Il pezzo che vi porto è quindi il tema finale del terzo capitolo, che ci riporta a quando facevamo le orde su Ingorgo tutto il giorno e ci ricorda quanto fosse bello Gears of War prima che svanisse in una nube di mediocrità.

“Never thought it would end like this, huh? Huh, Maria?”

5. DK Rap – Donkey Kong 64 (Rare, 1999)

Questa canzone è ridicola, è davvero brutta. Però è giusto che voi conosciate questo meme incredibile. Basta questo per inserirla tra le colonne sonore da non perdere. 

Se volete sentire del rap in qualcosa che non centra nulla con il suo concept, vi consiglio la visione di Samurai Champloo (Shin’iciro Watanabe, 2004)

6. Main Theme – Jetpack Joyride (Halfbrick Studios, 2011)

Questo pezzo ha l’incredibile capacità di essere un pezzo di Pitbull feat. Flo Rida del 2013 nel ritornello e poi diventare un brano da saloon nel resto, per concludersi come un pezzo alternative metal (se si escludono i synth) degli anni 2000, in cui prendevano piede le band metal che del genere in realtà mantenevano poco e andavano sempre più verso il pop. Jetpack Joyride è un altro must dei giochi da telefono del primi anni Dieci ma questo è davvero un tema accattivante, ripetitivo ma abbastanza studiato da avere una coerenza interna che fa scoppiare le orecchie al videogiocatore. Dei grandi classici di quel periodo è sicuramente uno dei miei preferiti, riuscendo a gestire molto bene il rapporto tra casualità, abilità del giocatore e ricompense.

Fun fact: volevo mettere un altro pezzo per le colonne sonore ma poi mi è partito questo nei suggerimenti di Spotify e non ci ho pensato due volte.

7. Team Fortress 2 (Main Theme) – Team Fortress 2 (Valve, 2007)

Con questo tema a metà tra Pulp Fiction ed un film di James Bond, Valve nel lontano 2007 portava nelle nostre case uno dei giochi competitivi più importanti di sempre: Team Fortress 2. Abbiamo tutti un amico che ci giocava, od un cugino nerd che provava a farci capire le sue meccaniche, magari quando eravamo dei bimbi che giocavano a giochi a caso e non avevano idea di cosa ci potesse essere di così divertente in un gioco del genere, con questa grafica cartoonesca e questo atteggiamento così poco serio e così volontariamente ironico. Esattamente dieci anni dopo è arrivato Fortnite e l’immaginario collettivo è cambiato. Niente di particolare da dire qui, la bomba ad orologeria dei primi secondi scoppia in una ritmica calzante accompagnata da una tromba perché, come ci ha segnato la colonna sonora di Pokémon Rubino, Zaffiro & Smeraldo, le trombe vanno sempre bene. Nulla da aggiungere a tema colonne sonore, mi limito a dire: grande mood.

Team Fortress 2 è “semplicemente” l’ennesimo capolavoro di Valve.

8. Prologue – Shadow of the Colossus (Japan Studio, 2005)

Già dalle prime note si capisce che stiamo parlando di un gioco gigantesco. È difficile da spiegare, lo so, ma è come se all’inizio del brano balenassero in mente tutti i ricordi del gioco: non che ce lo si dimentichi, certamente, ma con semplicemente la prima battuta, oltre ai boss, tornano in una maniera perfettamente limpida le atmosfere, le sgroppate di Agro, i segreti ed il particolare finale. Shadow of the Colossus è davvero un must play, un gioco che riesce a dar vita ad un open world che non ha praticamente nessuna interazione con l’ambiente circostante e che, grazie alle strategie da attuare sempre diverse a seconda del boss, mette un punto fermo probabilmente eterno sugli action RPG che verranno pubblicati negli anni a seguire. Questo capolavoro è un gioco davvero minimale e così è anche il prologo che vi propongo: nulla di complesso, nulla di particolare. Eppure, su mille altri brani, riesce ad essere inconfondibile.

La personalità che Japan Studio ha dato a questo titolo è qualcosa di pazzesco. Purtroppo non sono riusciti a ripeteresi con The Last Guardian.

9. Fly Me to the Aegis Seven Moon – Dead Space (Visceral Games, 2008)

Qualche giorno fa è stato annunciato il remake di Dead Space per PS5, Xbox Serie X/S e PC. Ce n’era bisogno? Assolutamente sì. Il gioco è sempre stato uno dei più amati dal pubblico: personaggi, storia, ambientazioni e nemici (i necromorfi) sono stati studiati molto bene e hanno contribuito a rendere quest’opera di Visceral Games una delle più indelebili dei giocatori “di una volta”, quando a farla da padrone erano i single player. Essendo un survival horror l’atmosfera, come prevedibile, è inquietante e spaventosa, tanto che io quando ci giocai a undici anni mi fermai per mesi perché non volevo fare un pezzo troppo ansiogeno. Fly Me to the Aegis Moon, aldilà della citazione alla celebre Fly Me to the Moon di Frank Sinatra (presente come cover anche nei titoli di coda degli episodi di Neon Genesis Evangelion), nei suoi quasi cinque minuti, sa come stimolare l’ascoltatore ed il videogiocatore e gli lascia percepire una sola cosa: paura.

Del remake di Dead Space ne parlo anche qui.

10. Memories of Mother – God of War (Santa Monica Studio, 2018)

Premiato come Game of the Year, God of War è la dimostrazione che sì, ormai è tutto multiplayer online ma, se credi in quel che fai ed il tuo publisher ti supporta, anche i giochi single player sanno dire la loro. E lo dicono molto chiaramente. Un gioco forte ed immersivo che porta il giocatore a vivere la storia di un padre che non vuole far conoscere il proprio passato al figlio, il quale odia il padre perché non esattamente un buon genitore. Come criticarli, del resto? Questo brano, letteralmente “ricordi di madre”, consiste in un canto placido che accompagna i due protagonisti, la cui missione è proprio deporre le ceneri della donna, morta poco prima dell’inizio del gioco. Il viaggio inizia quindi con un dolore che non se ne andrà mai, né per Kratos né per Atreus, e che si può percepire in svariati momenti durante l’avventura. L’aumento dei toni e l’avvento della parte orchestrale sul finale del pezzo sanno di liberazione, passata, presente o futura che sia: chi ha giocato il gioco capirà cosa intendo. 

Bear McCreary, tra l’altro, ha anche composto il famosissimo tema della serie TV The Walking Dead.

Il quarto episodio della rubrica Colonne sonore da non perdere finisce qui. Cosa ne pensate? Vi è piaciuto? Quanti di questi brani e colonne sonore conoscevate già? Fateci sapere tutto nei commenti. Ah già, quasi dimenticavo: da oggi potete trovare su Spotify la playlist Johto World, nella quale aggiungerò volta per volta tutte le colonne sonore che discuterò con voi (solo le versioni originali, se un brano non c’è pazienza). Seguiteci anche su Facebook, Instagram e Telegram!