Titolo provocatorio quello di questo articolo, lo so, ma genuino, al cento per cento. Diamante Lucente e Perla Splendente, annunciati durante il Pokémon Presents di settimana scorsa, sono i remake di Pokémon versione Diamante e Perla, originariamente pubblicati per Nintendo DS nel lontano 2006 (2007 in Europa). La presentazione di questi attesissimi remake ha sollevato critiche davvero aspre che io stessa condivido: se avrete però la pazienza di fare un bel respiro e leggermi, vorrei spiegarvi perché ritengo questi remake un segnale di svolta per me, per voi, e per tutta la fanbase Pokémon in generale. Ma non corriamo troppo e andiamo con ordine, partendo dall’inizio.
La storia
Pokémon e i remake: una storia d’amore e odio che va avanti dal lontano 2004, con l’uscita di Pokémon versione Rosso Fuoco e Verde Foglia. I due titoli per Game Boy Advance, amatissimi, riportavano il giocatore a Kanto con la grande aggiunta del Settipelago. I remake successivi sono invece Pokémon versione Oro Heartgold e Argento Soulsilver, che hanno riproposto la regione di Johto in una veste splendida con tanti punti di forza (che ve lo dico a fare? Johto World pullula di sonate d’amore per questa coppia di giochi). Queste due coppie di remake hanno praticamente viziato la fanbase, in perfetto equilibrio tra la cura e la dedizione impiegate nel realizzarli e la stretta necessità di ripresentarli al pubblico: dico necessità proprio perché tra i titoli originali e i prodotti contemporanei nel frattempo si era creata una distanza abissale, sia a livello di giocabilità che di tecnologia. Per come la vedo io, Pokémon Rosso e Verde/Blu e Oro e Argento avevano davvero bisogno di un remake: molti dei nuovi fan non avevano avuto modo di giocarli e la nuova veste grafica, con tutte le innovazioni tecnologiche e di meccaniche di gioco che si portava dietro, rendeva finalmente giustizia a Kanto e Johto, regalandoci immagini e suggestioni (anche sonore) che si sono fissate nella nostra mente (molto spesso a scapito degli originali).
Questo equilibrio tra cura e necessità inizia a venire meno con il rapporto tra Pokémon versione Rubino e Zaffiro, comparsi su GBA nel 2002 (2003 per l’Europa), e i remake Pokémon Rubino Omega e Zaffiro Alpha. Per quanto abbia apprezzato i rifacimenti, a differenza della maggior parte della community, di sicuro quel delicato equilibrio di cui parlavo sopra inizia ad incrinarsi: non ve lo spiegherò in questa sede perché l’ha già fatto a modo, con parole precise e ciniche, qualcun altro, sempre su questo sito. Una cosa però la voglio ribadire: sebbene Rubino Omega e Zaffiro Alfa abbiano dato una nuova veste grafica a Hoenn, limando la trama e offrendo qualcosa in più (e anche qualcosa in meno), non erano comunque necessari. Superflui sì, ma comunque utili per chi nei tempi andati non aveva avuto modo di giocarci o per chi voleva rivivere l’avventura a Hoenn in nome della nostalgia, portando prevedibili incassi nelle tasche di GAME FREAK.
Le aspettative
Arriviamo così finalmente al punto: col precedente di Rubino Omega e Zaffiro Alpha, c’era bisogno di fare un remake per Pokémon Diamante e Perla? No. Come per la coppia di originali ambientati a Hoenn, i giochi di quarta generazione sono ancora titoli perfettamente godibili e giocabili, a cui mancano solo tipo Folletto, Megaevoluzione e altre gimmick. Senza guardare al competitivo, a Diamante e Perla (e soprattutto a Platino) non serve altro. Manca come si diceva quella distanza abissale tra i prodotti contemporanei e quelli dell’epoca per giustificare l’esistenza di remake, se non nell’ottica di una palese strategia commerciale. Questi remake si dovevano fare, tutti se li aspettavano e tutti li volevano: Nintendo, GAME FREAK e i fan.
E alla fine, infatti, Diamante Lucente e Perla Splendente sono arrivati.
Alcuni si aspettavano qualcosa di “epico”, sulla scia di Heartgold e Soulsilver, altri avevano invece aspettative più basse (e più realistiche), ma di sicuro tutti attendevano un lavoro “alla Spada e Scudo”, col motore grafico e le innovazioni portate dall’ottava generazione. Anche se come ho accennato prima non c’erano i presupposti per aspettarsi un remake che aggiungesse agli originali tanto di più, d’altro canto l’aggiornamento tecnologico sembrava per tutti il cosiddetto minimo sindacale, come era avvenuto nei tre remake precedenti. E invece, in barba a tutte le aspettative (legittime o meno), è successo ben altro: quel che è stato annunciato e presentato durante il Pokémon Presents è un remake 1:1, con uno stile grafico chibi e spudoratamente in 2D, sviluppato da ILCA e non direttamente da GAME FREAK, rappresentata solo da Masuda in quanto director. Il tempo di far finire la presentazione (ripescate qua il trailer), che subito, inesorabilmente, hanno fatto seguito critiche, delusione, scontento generale. Una reazione prevedibile, specialmente se le aspettative sono così distanti da quello che è stato poi presentato.
Le critiche
Le critiche più feroci si sono concentrate sulla direzione artistica: per Diamante Lucente e Perla Splendente è stato scelto uno stile chibi percepito come troppo semplice e poco curato, spesso associato impietosamente allo stile di Link’s Awakening, un titolo gioiellino con precise e studiate scelte stilistiche. Ha indignato molto anche la totale assenza di restyling dei personaggi, cosa invece comune e regolare nei precedenti remake. Il tutto è stato così percepito come un gigantesco, scandaloso downgrade rispetto al livello della serie principale, che dopo tanta fatica era arrivata ad avere un vero 3D con accenni di un autentico openworld. Effettivamente è difficile non vedere le criticità: se da un lato si può comprendere il voler mantenere l’estetica dei vecchi giochi Pokémon (telecamera fissa alla vecchia maniera, mondo 2D, stessa struttura dei percorsi e delle città), dall’altro non sembra giustificabile il mancato aggiornamento grafico.
La cosa che più mi ha turbata però è che proprio non capisco a chi dovrebbe essere destinato questo remake. Come ho già accennato, la pubblicazione dei rifacimenti di vecchi titoli trova rilevanza soprattutto all’interno di una precisa strategia commerciale. Con un prodotto come Diamante e Perla, titoli ancora perfettamente giocabili, perché allora limitarsi a riproporre una versione 1:1 senza alcun tipo di innovazione? Chi dovrebbe volere un prodotto del genere? Dubito che faccia colpo sui nuovi giocatori, che hanno sperimentato Let’s Go e Pokémon Spada e Scudo, e ne hanno preso la struttura e la grafica come standard. Basta poi farsi un giretto per i social per vedere che di sicuro non sono stati apprezzati dalla vecchia guardia, dai fan più hardcore e di vecchia data, che si ritrovano ad avere in mano dei giochi sostanzialmente identici agli originali, in uno stile che addirittura nemmeno apprezzano. E quindi? Chi li comprerà? Quale sarebbe dovuto essere il target? Una scelta di mercato che francamente nessuno si aspettava, e che quasi nessuno ha capito.
L’essenza
Ci sono due cose, però, che non posso non apprezzare. Da un lato, infatti, non disprezzo la scelta del 2D: Diamante e Perla erano giochi fieramente bidimensionali, pensati e creati per essere visualizzati e vissuti in un determinato modo, e la transizione allo stile 3D di Spada e Scudo avrebbe implicato una serie di trasformazioni che difficilmente avremmo potuto aspettarci da GAME FREAK, nota per le sue croniche difficoltà a gestire le tre dimensioni. Il risultato, secondo me, sarebbe stato decisamente deludente: un po’ come Galar, che è bellissima nelle intenzioni ma povera nella pratica, avremmo visto una Sinnoh strutturata in maniera un po’ troppo identica all’originale con un 3D approssimato, e questa dissonanza tra pianificazione e realizzazione avrebbe dato vita ad uno scenario deludente, castrato, tecnicamente povero. Preferisco vedere la mia amata Sinnoh in uno stile più aderente al contenuto originale che stritolata dai compromessi.
Nemmeno la scelta del chibi mi dà fastidio, anzi, quasi mi piace in sé; il punto è che i personaggi e gli ambienti sembrano davvero poco curati. Lo stile chibi non giustifica la scarsa qualità: basta vedere Animal Crossing: New Horizons per averne un esempio lampante.
Nonostante questo, c’è un’altra cosa che ho apprezzato: l’onestà intellettuale dimostrata da The Pokémon Company nel presentare questo prodotto. Ogni singolo fotogramma del trailer fa capire che si tratta di un remake 1:1, senza promesse di sorta, senza garanzie di contenuti aggiuntivi, solo quel che abbiamo già visto negli originali, fine. Onestà intellettuale o semplice, banale capolinea creativo? Nemmeno mi pongo il problema: quel che importa è che questo è decisamente un passo avanti da Ultrasole e Ultraluna, terze versioni vendute come “nuove avventure ambientate ad Alola”, uno smacco che a me personalmente ancora brucia. Proprio per questo non posso che plaudere al tipo di comunicazione adottato nel Pokémon Presents per Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente.
La liberazione
Sebbene il target non mi sia chiaro, sicuramente so che questo remake non è per chi ha già giocato e conserva gli originali, non offrendo almeno per ora nulla di più (e nulla di meno: ci sono pure i Sotterranei!) di quanto visto ai tempi. Chi lo comprerà? Forse chi non visitò Sinnoh nel 2007, o forse chi ha amato la regione così tanto da rivolerla a tutti costi rigiocare su Switch (se non si fanno scoraggiare dalla grafica, chiaramente). Ma quello che spero, e lo spero proprio con tutto il cuore, è che non lo comprino i tanti fan hardcore che costituiscono lo zoccolo duro della fanbase, aspettandosi chissà cosa, per poi lamentarsene a gran voce sui social come se GAME FREAK in persona avesse oltraggiato i loro antenati. Perché stavolta non avrebbero scusanti: stavolta The Pokémon Company è stata cristallina, fin dall’inizio.
Ecco, questo è il motivo per cui amo Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente: con il loro essere una copia così spudorata degli originali, forse faranno capire alla fanbase che non è strettamente fondamentale acquistare un prodotto solo perché c’è scritto Pokémon sopra. È necessaria una svolta, un cambiamento, qualcosa che faccia finalmente capire che bisogna smettere di comprare comprare e comprare, solo perché “è questo che fa un fan Pokémon”, così, acriticamente e passivamente… per poi finire sui social ad urlare la propria rabbia e la propria frustrazione, a meravigliarsi del perché un brand che a detta loro “fa sempre più schifo” continui a macinare numeri incredibili. Diamante Lucente e Perla Splendente potrebbero essere quella fatidica goccia che fa traboccare il vaso per quei fan che si ostinano a comprare titoli che manco sono destinati a loro, innescando un circolo vizioso da cui non si uscirà mai. Diamante Lucente e Perla Splendente non promettono niente di più, niente di nuovo e unico, niente di imperdibile: finalmente mezza fanbase è davvero libera di non comprare un titolo Pokémon. Andate in pace.
Forse sono troppo ottimista, ma spero che il colpo vibrato con il Pokémon Presents e il trailer di Diamante Lucente e Perla Splendente faccia finalmente allontanare dal brand quei “fan tossici” che al brand fanno solo male. È questo il punto di questo articolo: con un bel titolo clickbait, vi sto solo invitando a riflettere, prima di acquistare indiscriminatamente. Voglio davvero farvi capire che non tutti i prodotti Pokémon sono pensati per tutti i fan Pokémon. Tanto lavoro l’ha già fatto The Pokémon Company stavolta: questi remake sono sviluppati da una casa produttrice terza, e sono pure stati presentati assieme ad un altro titolo, Leggende Pokémon: Arceus, anche quello ambientato a Sinnoh, proprio come a voler dire ecco, è questo il gioco che vogliamo che vi colpisca, non i remake.
Il nuovo problema
Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente potranno anche insegnarci che non tutti i titoli Pokémon sono da acquistare, ma la loro stessa esistenza e il fatto che siano così spudoratamente uguali agli originali apre una questione che merita almeno di essere accennata. Finora i remake Pokémon hanno tutti presentato un aggiornamento alla grafica e alle meccaniche di gioco correnti, mentre questi no; sono quindi dei remake o delle remaster? Non solo, se GAME FREAK ha deciso di mollare la spugna e di non aggiornare i giochi di quarta generazione, cosa potremo aspettarci in futuro?
Se vogliamo essere precisi, per remake intendiamo dei veri e propri rifacimenti o nuove versioni di un prodotto e per remaster intendiamo invece delle versioni more polished e più curate partendo dalla medesima base. Prendiamo Rubino Omega e Zaffiro Alfa: sono chiaramente dei remake; usciamo dal mondo Pokémon, e prendiamo The Legend of Zelda Skyward Sword HD, in arrivo a luglio: è chiaramente una remaster. Nel caso di Diamante Lucente e Perla Splendente, però, non è davvero facile capire in che categoria sistemarli.
Dopo Ultrasole e Ultraluna, con l’arrivo dei DLC di Spada e Scudo, possiamo essere ragionevolmente sicuri che GAME FREAK abbia abbandonato il modello delle terze versioni e abbia abbracciato la filosofia dei Pass d’espansione. Adesso, per quanto ne sappiamo, Diamante Lucente e Perla Splendente potrebbero essere il segnale che è stato abbandonato anche il modello di remake Pokémon per come l’abbiamo conosciuto finora: senza dubbio un cambio di strategia, forse necessario nel 2021, che mi lascia interdetta da un lato e stupita dall’altro. C’è da capire quali saranno gli effettivi risultati di questa scelta, in termini di vendite, e da lì vedere cosa succederà, quando tra un po’ di tempo sarà il turno di Unima.
Conclusioni
Per concludere, voglio riassumere così il tutto: Diamante Lucente e Perla Splendente non mi piacciono ma nemmeno mi paiono un errore. Capisco che quel chibi sia davvero poco piacevole, ma sono contenta che GAME FREAK concentri tutte le sue attenzioni solo sul nuovo progetto. Mi preme inoltre aggiungere che la mia non è una crociata anti GAME FREAK, anzi: spero solo che questi giochi facciano riflettere la fanbase. Sperando la finisca di finanziare prodotti che è già pronta, a torto o a ragione, a sbranare.
Classe 1994, universitaria disperata, Pokéfan dal lontano 2003 e da Rubino. Appassionata di storie (che siano libri, serie tv, mitologia o giochi di ruolo), le piace scrivere di ciò che la appassiona, e la sintesi non è certo il suo dono.